Lavoro: Tassinari (Acli), “c’è bisogno di contratti veri, non di quelli precari da tanti punti di vista”

“Il Paese ha dimostrato di avere la capacità di rimbalzare dopo la pandemia, di ripartire, ma il calo della crescita dell’occupazione registrato negli ultimi mesi del 2021, soprattutto dei posti permanenti, fa pensare che si navighi un po’ a vista”. Così Stefano Tassinari, vicepresidente nazionale delle Acli con delega al Lavoro e al Terzo settore, commenta al Sir i dati diffusi oggi dall’Istat su “Occupati e disoccupati” a dicembre scorso. A fine 2021, il tasso di occupazione si è rivelato stabile al 59,0% mentre quello di disoccupazione è sceso al 9,0% nel complesso (-0,1 punti) e al 26,8% tra i giovani (-0,7 punti). Il numero di occupati a dicembre 2021 è risultato superiore a quello di dicembre 2020 del 2,4% (+540mila unità), trend trainato soprattutto dai dipendenti a termine. “Rispetto al periodo pre-pandemia (febbraio 2020), il tasso di occupazione – ha rilevato l’Istat – è tornato allo stesso livello (59,0%) mentre il tasso di disoccupazione, al 9,0%, è ancora inferiore di 0,6 punti e quello di inattività è salito dal 34,6% al 35,1%”. Secondo Tassinari, “il Paese non ha perso la capacità di produrre in questi mesi di pandemia. Tutti i talenti ci sono ancora; ma ci sono anche tutti i difetti: in particolare la scarsa capacità di redistribuire reddito e lo scarso investimento sulla qualità della conoscenza, della formazione”.
Rilevando che “non siamo ancora arrivati esattamente al livello pre-pandemia e aumentano soprattutto i posti non permanenti, coinvolgendo le fasce d’età che più si prestano al lavoro flessibile”, il vicepresidente delle Acli teme che “dietro a questi dati ci sia il solito ricorso italiano a salari e compensi ridotti rispetto al resto d’Europa. Sembra ancora prevalere la strategia, soprattutto nei servizi e un po’ meno nell’industria, del lavorare peggio ma comunque lavorare”. “Se questo approccio da un lato dà ossigeno – osserva – dall’altro non è ancora in grado di dare prospettiva. Perché significa avere un mondo del lavoro debole, nel quale cresce l’impoverimento”.
“Nell’attesa di capire l’impatto sul Sistema Paese del Pnrr”, Tassinari evidenzia che “bisogna decidere di investire su un’economia di qualità”. “Va evitata la spirale di salari bassi e condizioni di lavoro precarie”, aggiunge, ammonendo: “C’è bisogno di contratti veri, non di contratti precari da tanti punti di vista”.

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