Suor Maria Laura Mainetti: “il Settimanale della diocesi di Como” dedica un supplemento per la beatificazione

“Una piccola donna umile e fragile, ma piena di Dio. Di quelle che, quando Dio le trova, solleva il mondo sui suoi cardini e Io ribalta. Cioè lo rimette dritto, perché si era stortato. È un ponte tutto particolare, questa piccola donna. Un ponte che non ha assi, eppure in tanti ci hanno camminato e ci cammineranno sopra. Un ponte che non ha funi, eppure ci allaccia insieme in un legame che ci rende saldi. Soprattutto, è un ponte lanciato sopra l’abisso: e ce lo fa attraversare, aggrappati al cielo”. Lo scrive don Angelo Riva, direttore de “il Settimanale della Diocesi di Como”, parlando di suor Maria Laura Mainetti nell’editoriale che apre il supplemento del nuovo numero in distribuzione. A pochi giorni dalla beatificazione della religiosa delle Figlie della Croce, in programma domenica 6 giugno a Chiavenna, in 24 pagine viene presentata la figura di suor Mainetti, dalla nascita al martirio, con interviste, testimonianze inedite, infografiche e fotografie.
“A Tartano, quando Teresina Mainetti nacque nel ‘39, c’era l’abisso e c’era anche il cielo. Ma mancava il ponte”, racconta il direttore: “Ora il ponte c’è, ed è pure un’attrazione turistica”. Partendo da questa immagine, don Riva della religiosa martire parla come di un “ponte gettato fra l’abisso e il cielo”. “Quale abisso?”, chiede il direttore: “L’abisso del male. Quella lebbra dell’anima che fa precipitare l’uomo – vertice della creazione e chiamato ad essere come Dio – nella fogna del mondo, là dove il Maligno distilla i suoi veleni”. “Se guardiamo suor Maria Laura”, rileva don Riva, risalta “la pazienza di scendere nell’abisso della libertà umana, per costruirvi un ponte. Lo ha fatto durante la vita, come educatrice dei giovani, e ha continuato a farlo nell’ora della morte, di fronte alle sue assassine”. “Suor Maria Laura amava chiamarsi”, ricorda il direttore “Figlia della Croce”. “Dunque – conclude – la croce è madre, cioè porta la vita. Vita rigenerata nell’abisso di libertà che sceglievano la morte. Luce riaccesa nella penombra di un viottolo oscuro di Chiavenna. Legno di salvezza, come quei settecento assi di larice che dondolano sull’abisso del torrente Tartano, e ce lo fanno attraversare”.

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