Diocesi: Rimini, in una lettera del Consiglio presbiterale “punti fermi” e proposte pastorali per la valorizzazione del diaconato

Nelle ultime settimane la diocesi di Rimini ha intrapreso un percorso di confronto, riflessione e approfondimento sul ministero diaconale e sull’importanza del suo ruolo nella Chiesa. Un cammino che ha coinvolto i preti e i diaconi della diocesi e che, conclusosi proprio in questi giorni, ha trovato una sintesi in una lettera firmata dal Consiglio presbiterale e dalla comunità diaconale riminese. Un documento che ha lo scopo di sottolineare alcuni “punti fermi” e alcune proposte pastorali affinché il diaconato sia sempre più valorizzato per la missione della Chiesa diocesana.
“Il diacono – si legge nella lettera diffusa in tutta la diocesi di Rimini –, in quanto segno sacramentale di Cristo Servo, ricorda a tutti noi che vivere il Vangelo è servire”. Per questo motivo, il diacono può esistere e svilupparsi “solo dentro a una Chiesa che metta al centro il Vangelo e viva in uscita missionaria nelle periferie esistenziali, in una relazione di complementarietà tra i vari ministeri ordinati e laicali”.
“I diaconi non sono un ‘optional’ a seconda delle sensibilità e preferenze dei presbiteri – chiarisce il documento – ma sono complementari al loro ministero: mentre il presbitero ha il compito della ‘presidenza’ della comunità, il diacono manifesta il legame tra l’annuncio del Vangelo proclamato e la vita quotidiana della gente, con un’attenzione prioritaria ai più poveri, stimolando tutta la comunità a servire”. Per questo, è di fondamentale importanza sviluppare una “relazione di stima, amicizia e corresponsabilità tra parroco e diacono, che si esprime nel ‘leggere insieme’ la vita della comunità e coglierne eventuali esigenze”.
Il diacono, però, non può ridursi solamente a un “collaboratore generoso” nelle attività della parrocchia o a un “appassionato di liturgia”: è fondamentale che l’approccio al diaconato si fondi su una viva e vera “esperienza di amore personale per il Signore Gesù e sia motivato a seguirlo nella via dell’umiltà e del servizio alla sua Chiesa. Poi – conclude la lettera –, abbia una capacità di avvicinare i lontani e una sensibilità speciale per i poveri e il desiderio di comprendere sempre meglio le sfide culturali e pastorali di oggi”.

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