Cammino sinodale: mons. Satriano (Bari), “un esercizio di umiltà” per “accostare la storia profonda di chi ci cammina accanto”

“Ritrovare il coraggio di metterci insieme per camminare insieme. Desideriamo farlo ricollocandoci come discepoli alla sequela di Gesù, riscoprendo la bellezza di essere anche noi figli nel Figlio e fratelli tra di noi”. Lo ha scritto l’arcivescovo di Bari-Bitonto, mons. Giuseppe Satriano, nella sua lettera alla diocesi all’inizio del cammino sinodale. “Ridaremo così senso e significato alle nostre esperienze di vita ecclesiale, lacerate dall’evento pandemico, ma anche da una profonda crisi di fede – ha osservato il presule –. Abbiamo perso la capacità di dialogare con Dio e siamo sordi alle domande più profonde che inquietano il mondo di oggi. Siamo spesso portatori di un cristianesimo triste e poco incisivo nella vita degli uomini e delle donne, soprattutto per le generazioni più giovani”.
L’arcivescovo indica la richiesta di Papa Francesco: “Realizzare un percorso di ascolto e di dialogo, che ci vedrà coinvolti e che verrà approntato nei prossimi mesi”. “Approfittando di questo evento, le Chiese che sono in Italia sono invitate dalla Conferenza episcopale italiana a vivere un Cammino Sinodale che si prolungherà per circa quattro anni. L’intento è di attraversare questo tempo con una maggiore capacità di ascolto della realtà, dando vita a forme di autentica corresponsabilità, in cui ci sia spazio per tutti, attestando con sincerità, chiarezza e forza il protagonismo profetico dei laici”.
Nell’omelia della celebrazione della Parola per l’apertura del cammino sinodale, mons. Satriano ha poi sottolineato che “siamo chiamati a rimettere al centro dei nostri vissuti la cultura dell’incontro, per tornare ad appassionarci all’altro”. “Vivere il Sinodo sia per ciascuno di noi un esercizio di umiltà e non uno spazio di prepotenza; un esercizio di ricerca e di comprensione della realtà, sapendo accostare la storia profonda di chi ci cammina accanto – ha aggiunto –. Vivere il Sinodo ci purifichi da quell’io arrogante e presuntuoso sapendoci rendere accoglienti e disponibili nel rispettare e amare anche quelli che spesso giudichiamo distanti o estranei. Vivere il Sinodo ci riconsegni l’altro come dono e non come nemico, come ospite caro e non come realtà da giudicare. Vivere il Sinodo ci aiuti a riascoltare la voce dello Spirito che precede la Chiesa e la orienta nel suo cammino”.

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