Istruzione: Istat, “in Italia la partecipazione degli adulti alla formazione più bassa della media europea”

“Nel 2020, la partecipazione degli adulti a un’esperienza di apprendimento recente in Italia è inferiore al valore medio dell’Ue27 (7,2% contro 9,2%) e a quello di Francia (13,0%), Spagna (11,0%) e Germania (7,7%)”. Lo si legge nel report sui “Livelli di istruzione e partecipazione alla formazione” nell’anno 2020, diffuso oggi dall’Istat. Dopo una stazionarietà protrattasi per diversi anni “la quota risulta in calo di 0,9 punti anche per la pandemia Covid-19 e le relative misure di contenimento che hanno imposto chiusure e limitazioni agli spostamenti e alle attività. La flessione è stata tuttavia relativamente contenuta rispetto a quanto registrato nella Ue27 (-1,6 punti) e in alcuni Paesi, tra i quali la Francia (-6,5 punti)”.
Tra i fattori che più influenzano la partecipazione degli adulti alla formazione continua “vi è il livello di istruzione posseduto”. Nel 2020, “l’incidenza del lifelong learning è pari al 16,9% tra chi ha un titolo terziario, si riduce al 7,6% tra i diplomati ed è solo dell’1,4% tra chi ha un basso titolo di studio”. Quest’ultimo valore – pur minimo anche negli altri grandi Paesi – “è decisamente più basso rispetto alla media europea, mentre gli altri valori sono piuttosto in linea”. Eppure, “un’ampia partecipazione alle attività formative, l’aggiornamento delle competenze e la riqualificazione professionale sarebbero necessarie per gli individui più vulnerabili, i quali con più difficoltà tengono il passo dell’innovazione tecnologica e delle trasformazioni da questa indotte. Inoltre, la formazione continua supplirebbe alla scarsa istruzione formale ricevuta, permettendo una crescita personale e una maggiore partecipazione alla vita sociale”.
Nel 2020, “la partecipazione in Italia al lifelong learning è minima tra i disoccupati e massima tra gli occupati (4,4% verso 7,6%,) mentre nel resto d’Europa è massima tra i disoccupati (10,5% rispetto a 9,5% degli occupati nella Ue27)”.
Il divario Italia-Europa è dunque massimo proprio “per le persone disoccupate in età attiva (25-64 anni)”, che “devono riallocarsi nel mondo del lavoro e spesso hanno competenze acquisite lontano nel tempo e dunque più obsolete. Nondimeno, anche la partecipazione alla formazione della popolazione inattiva è importante per l’inclusione sociale e la qualità della vita; in Italia l’incidenza è del 6,8%, valore leggermente inferiore al valore medio Ue27 (7,7%) e a quelli di Francia, Spagna (oltre il 9%) e Germania (8,7%)”. La partecipazione alle attività formative “è maggiore tra le donne (7,4% contro 7,0%) sia tra quelle occupate (8,8% contro il 6,7% degli uomini) sia tra le disoccupate (5,3% contro 3,6%). Solo tra gli inattivi il divario di genere nel lifelong learning è a favore della componente maschile (9,3% contro 5,7%). Queste tendenze di genere sono in linea con la media europea”. Infine, “la quota di chi partecipa ad attività formative per ragioni professionali è pari all’84,1% e sale all’86,6% tra coloro che hanno un titolo di studio elevato; si attesta all’87,8% tra gli occupati mentre scende al 77,3% tra i disoccupati e al 46,5% tra gli inattivi”.

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