Carlo Acutis: Emilia e Matteo (Ac), “ci affascina il suo modo di stare nel mondo e ci invita a essere giovani originali”

(da Assisi) “La nostra presenza qui è per noi una grazia, come lo è stato aver incontrato la figura di Carlo. Ci interrogano molto la sua vita, il suo esempio, la sua voglia e la continua ricerca di essere un santo del quotidiano nello stesso nostro tempo. Ci affascina e ci interroga il suo modo di stare nel mondo, lo stesso che viviamo noi oggi”. Emilia Gaudio e Matteo Pazzaglia sono tra i giovani presenti oggi ad Assisi alla beatificazione di Acutis. Emilia è originaria di Amantea (Cosenza), Matteo della Repubblica di San Marino; entrambi si sono trasferiti a Milano per studio e lavoro. Fanno parte dell’Azione cattolica e sono nella delegazione ambrosiana ad Assisi; ieri sera sono stati chiamati a portare una testimonianza durante la veglia di preghiera svoltasi alla basilica di Santa Maria degli Angeli. Una serie di letture, interventi, musiche e balli, testimonianze hanno introdotto e attualizzato la figura di Acutis alla vigilia della beatificazione. “Siamo chiamati a vivere le nostre passioni, gli studi e ciò che ci circonda per trasformarli in nuovi strumenti di amore, come Carlo fece con l’informatica, in un mondo in continua evoluzione, distinguendone i limiti da ciò che è bene, se orientato nella giusta direzione”.
Secondo Gaudio e Pazzaglia “l’esempio di Carlo ci invita a essere giovani originali. Andando oltre la retorica del caso, l’essere giovani originali nel proprio tempo ci porta inevitabilmente a pensare al coraggio. Sì, perché è di coraggio che ci sentiamo di parlare se pensiamo all’originalità della vita di ciascuno. Ci vuole coraggio a stare nel proprio tempo, non perché un tempo sia più difficile o particolare da vivere rispetto a un altro. Ogni tempo, ogni società, aspetta solo che ciascuno imprima la sua orma nella storia. Ci sentiamo davvero fortunati a vivere qui e ora, ad essere parte di questa storia. Ad attraversare un mondo pieno di stimoli, una società ricca nella sua complessità. D’altronde, siamo chiamati a vivere questo tempo, perché è questo che ci è stato donato; per questo tempo il Signore ci ha sognati, e ci ha sognati originali”.
“La storia di Carlo e le testimonianze della sua vita ci riportano a una vocazione laica vissuta con consapevolezza, cercata con costanza nella preghiera in una Chiesa che era per lui sorgente e non dimora, accolta con la disponibilità intima e disarmante del dire al Signore ‘io sono qui per essere ciò che tu sai già’. La disponibilità di Carlo data al Signore ci disarma. Ci fa fare i conti con tutte quelle volte in cui non riusciamo a metterci in ascolto e ad allenare il cuore a riconoscere i segni, per dare una risposta a quella domanda a cui Carlo ha saputo rispondere con i gesti, con la vita: cosa posso essere io qui?”.

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