Utero in affitto: Lulli (ginecologa), “destabilizza il legame profondo e intoccabile tra madre e figlio”

(Foto ANSA/SIR)

“Abbiamo destabilizzato il legame più intoccabile della storia dell’umanità: quello tra madre e figlio”. Parola della ginecologa Emanuela Lulli che, in occasione dell’approdo in Aula a Montecitorio del ddl che istituisce il reato universale di maternità surrogata, denuncia in un’intervista al Sir il “silenzio assordante” sulla stretta connessione emotiva, chimica e biologica che si instaura fin dal concepimento tra madre e figlio.
È previsto per oggi l’avvio dell’esame nell’Aula di Montecitorio del ddl “in materia di perseguibilità del reato di surrogazione di maternità commesso all’estero da cittadino italiano” e Lulli osserva: “Studi ormai decennali evidenziano il profondo legame di ‘sensibilità’ che unisce fin dall’inizio un embrione alla donna che lo porta in grembo. La psicologia – spiega – ci dice che i canali emozionali si attivano soprattutto nei primi tre mesi di vita intrauterina, e la ginecologia dimostra che nei nove mesi di gestazione si svolge il cosiddetto ‘traffico cellulare’ tra mamma e bambino. L’embrione, e poi il feto, produce cellule totipotenti che trasmette alla mamma e che rimangono per tutta la vita nel corpo di quest’ultima”, fino a proteggerla, anche a distanza di molti anni, da gravi malattie, come dimostrano due casi registrati negli Usa. Una “stretta connessione biologica, dato scientifico incontrovertibile del quale non si può non tenere conto, ma di cui non si parla”, la denuncia della ginecologa. Come non si parla del possibile ( e temibile) impatto psicologico dell’utero in affitto sulla madre surrogata. “Quello che mi interroga come donna, come madre e come ginecologa – afferma – è proprio l’evenienza delle tempeste emotive nelle mamme surrogate, aspetto che la scienza dovrebbe avere l’onestà si approfondire. Queste donne, oltre ad essere bombardate con fortissime terapie ormonali, vengono anche violentate psicologicamente”. Sul ddl conclude: “Questa legge, che ha per oggetto un tema bioeticamente sensibile, può essere lo strumento per avviare anche un lavoro di tipo educativo e culturale. Non solo una riflessione su questa pratica aberrante, ma anche sul valore della maternità, della filiazione, della vita in generale”.

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