Antiriciclaggio: Transcrime, Banks e spin-off Crime&tech dell’Università Cattolica, “il contrasto passa dalla condivisione di dati tra intermediari finanziari”

La condivisione di dati e lo scambio di informazioni possono aiutare gli intermediari finanziari nel contrastare attività di riciclaggio (Anti-Money laundering, in breve Aml) e finanziamento del terrorismo (Combating the Financing of Terrorism o Cft). Lo conferma lo studio condotto dai Centri di ricerca Transcrime, Banks e spin-off Crime&tech dell’Università Cattolica, in collaborazione con Deloitte, che ha interpellato i 44 principali intermediari italiani, equivalenti a circa il 70% del totale attivo del settore finanziario e del gioco e scommesse in Italia. L’indagine completa, dal titolo “Aml Data Sharing: Indagine sulla condivisione di dati a fini antiriciclaggio”, è stata presentata oggi, venerdì 19 maggio, all’Università Cattolica, nel corso di un evento a cui hanno partecipato esperti accademici e rappresentanti delle principali banche e intermediari finanziari in Italia.
Il rapporto è il risultato della prima indagine mai condotta in Italia e in Europa sullo scambio di informazioni tra soggetti obbligati a fini antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo (Aml/Ctf). Dallo studio risulta che “il 93% dei rispondenti è d’accordo sull’utilità della condivisione di dati tra intermediari a fini Aml/Ctf. Il 71% ha già avviato iniziative di data sharing con altri intermediari. Di questi, il 52% anche con soggetti esterni al proprio gruppo di appartenenza (52%), ma solo su richiesta/invito ed in modo occasionale. I principali benefici attesi da un sistema di data sharing sono informazioni più precise, una maggior tempestività nell’intercettare le anomalie, e la definizione di standard comuni per i presidi Aml/Cft”. Tra i principali ostacoli, “la mancanza di un quadro regolamentare chiaro, i rischi per la protezione dei dati personali della clientela e le criticità in termini di de-risking, soprattutto alla luce della recente opinione del Garante privacy europeo (Edpb)”. Non solo: “La maggioranza dei soggetti intervistati (66%) preferirebbe attribuire a un soggetto terzo di natura consortile la governance di un sistema futuro di data sharing; il 52% vorrebbe coinvolgere un soggetto pubblico, in forma esclusiva o consortile”.
“Questo studio – spiega Michele Riccardi, vicedirettore di Transcrime – rappresenta il primo passo di un percorso di lungo periodo con il quale Università Cattolica, in collaborazione con Deloitte, intende supportare gli attori del sistema antiriciclaggio italiano nella definizione di un sistema di data sharing efficace, efficiente e sostenibile”.
“Lo scambio di informazioni può aiutare gli intermediari finanziari a raggiungere importanti benefici in termini di efficacia nell’identificazione di attività criminose, consentendo al contempo di ottimizzare l’impiego di risorse umane e tecnologiche – afferma Domenico Farina, partner, Financial Crime Leader, Deloitte Risk Advisory -. I risultati delle prime esperienze condotte a livello internazionale sono davvero incoraggianti, ma vanno fatti ancora passi in avanti, soprattutto nella definizione di un quadro normativo più chiaro”.
“In Italia dobbiamo prendere spunto dai successi, e dagli ostacoli, incontrati dai sistemi di data sharing Aml/Cft intrapresi all’estero, come il Tmnl nei Paesi Bassi o il Cosmic a Singapore – spiega Stefano Monferrà, direttore di Banks -. La strada delle partnership pubblico-private (Ppp) è il futuro in questo settore: il soggetto pubblico va coinvolto fin dall’inizio, così come le autorità competenti in materia di protezione dei dati personali”.

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