Yemen: Oxfam, “dopo 8 anni di guerra, il Paese è sull’orlo della carestia”

Oltre 17 milioni di persone sono senza cibo, tra cui 2,2 milioni di bambini sotto i 5 anni. I prezzi dei beni alimentari e del gas sono aumentati fino al 600%, con il colpo di grazia dato dalla crisi in Ucraina da dove lo Yemen importava il 42% del grano. Due terzi della popolazione dipende dagli aiuti internazionali e quasi 18 milioni di persone sono senz’acqua pulita, ma la comunità internazionale ha stanziato appena un terzo dei fondi necessari. E la pace è ancora lontana dopo la fine della tregua lo scorso ottobre. È la denuncia di Oxfam che parla di “catastrofe umanitaria senza precedenti, a causa di una guerra devastante, iniziata nel 2015, con oltre 377 mila vittime dirette e indirette, di cui oltre 19 mila civili”. “Dopo la fine della tregua durata 6 mesi, lo scorso ottobre, gli scontri non sono ripresi con l’intensità di prima, ma la Pace è ancora lontana e il prezzo più alto lo sta pagando la popolazione”, ha detto Francesco Petrelli, policy advisor di Oxfam Italia. “L’inflazione, la mancanza di lavoro e reddito per le famiglie, si è sommata alla svalutazione monetaria e all’impatto della crisi ucraina. La conseguenza è che l’incubo della fame rischia di riguardare adesso un intero Paese”. Le cifre del disastro fornite da Oxfam sono chiare: “Dal 2015, i prezzi del grano sono aumentati quasi del 300% nelle aree sotto il controllo degli Houthi e quasi del 600% nelle aree controllate dal Governo riconosciuto a livello internazionale. Nello stesso periodo il prezzo del gas è aumentato circa del 600%, così molte famiglie sono costrette a usare la plastica di scarto come combustibile per cucinare, correndo gravi rischi per la salute. Il Paese è costretto oggi ad importare il 90% dei prodotti alimentari”, continua Petrelli per il quale “milioni di persone rischiano di morire letteralmente di fame”. Se da una parte i bisogni crescono, dall’altra, spiega Oxfam, mancano le risorse per rispondervi adeguatamente. Il World Food Program è stato costretto a ridurre gli aiuti, mentre al momento i grandi donatori internazionali, nel recente summit sulla crisi, si sono impegnati a stanziare appena un terzo dei fondi richiesti dalle Nazioni Unite per rispondere all’emergenza (1,2 miliardi su 4,3). “La comunità internazionale, i grandi Paesi donatori non possono voltare le spalle ancora una volta a quella che rimane una delle più gravi crisi umanitarie del mondo – conclude Petrelli –. È ora che i leader mondiali esercitino una reale pressione per riportare tutte le parti al tavolo delle trattative, in modo da porre fine in modo permanente al conflitto”.

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