Arresto Matteo Messina Denaro: Libera, al 2020 aveva “un tesoro pari ad oltre 4 miliardi di euro in provincia di Trapani, dove media redditi pro capite è tra le più basse d’Italia”

“Il denaro non è soltanto una parte del suo cognome, ma uno strumento del suo potere invisibile e intatto”. Lo evidenziano Libera e Lavialibera, la rivista dell’associazione, che hanno provato a fare i conti in tasca a Matteo Messina Denaro che ha basato la sua leadership “non soltanto sulla violenza, ma soprattutto sui soldi e sui rapporti con politica e massoneria”. Libera e Lavialibera hanno stimato al 2020 “un tesoro pari ad oltre 4 miliardi di euro in una provincia, quella di Trapani, dove la media dei redditi pro capite è tra le più basse d’Italia. Parliamo di aziende, conti correnti, beni mobili e immobili sequestrati e confiscati in seguito alle attività investigative grazie a prestanomi, gregari, imprenditori, persone a vario titolo riconducibili a Matteo Messina Denaro”.
“Matteo Messina Denaro – commenta Elena Ciccarello, direttrice de Lavialibera – ha sempre potuto contare su una fitta rete di protezione in Sicilia e nel Nord Italia, fatta non solo di gregari, ma anche di gente che conta. La sua latitanza è stata sostenuta da una rete di imprenditori di ogni settore, come se fosse a capo di una holding, una società che detiene quote di altre società. È l’uomo della vecchia e della nuova mafia, quella che ha abbandonato la parentesi della lotta aperta allo Stato per ritornare a cercare relazioni e collaborazioni con il potere politico ed economico-finanziario”.
Nel portafoglio della “società” di Messina Denaro il settore più “redditizio” sono gli impianti eolici, circa 1,5 miliardi sequestrati a Vito Nicastri, altri 1,5 miliardi per i villaggi vacanze di Carmelo Patti e i 700 milioni confiscati nel 2013 nella grande distribuzione gestita da Giuseppe Grigioli, oltre 43 punti vendita in provincia di Trapani e Agrigento e i 500 milioni a Rosario Cascio, ritenuto il “cassiere” di Matteo Messina Denaro contabilizzati nel settore dell’edilizia e costruzione.
“Il Re di Denaro – commenta Libera – è una delle figure emblematiche di quello che rappresenta oggi il modello dalla mafia imprenditrice. Gli oltre 4 miliardi di euro è solo una parte del suo ingente capitale economico cresciuto, anno dopo anno, grazie alla sua rete di fiancheggiatori fidati e soprattutto alla rete di protezione di gente che conta nel mondo della politica e della massoneria. Un capitale conosciuto che rappresenta solo una minima parte di quello ‘occulto’ nascosto in libri contabili e investimenti in giro per Italia e all’estero grazie alla complessa e articolata catena di figure che in questi anni gli hanno consentito di gestire investimenti e operazioni di riciclaggio, individuando sempre nuovi settori economici nei quali muoversi”.

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