Parlamento Ue: Draghi, “proteggere l’Ucraina vuol dire proteggere noi stessi e il progetto di sicurezza e democrazia che abbiamo costruito insieme”

(Foto SIR/Parlamento europeo)

(Strasburgo) “Le istituzioni che i nostri predecessori hanno costruito negli scorsi decenni hanno servito bene i cittadini europei, ma sono inadeguate per la realtà che ci si manifesta oggi davanti”. Lo ha affermato il premier italiano Mario Draghi, intervenendo oggi al Parlamento europeo. “Il quadro geopolitico è in rapida e profonda trasformazione. Dobbiamo muoverci con la massima celerità. E dobbiamo assicurarci che la gestione delle crisi che viviamo non ci porti al punto di partenza, ma permetta una transizione verso un modello economico e sociale più giusto e più sostenibile”. “Se dagli eventi tragici di questi anni sapremo trarre la forza di fare un passo avanti; se sapremo immaginare un funzionamento più efficiente delle istituzioni europee che permetta di trovare soluzioni tempestive ai problemi dei cittadini; allora potremo consegnare” ai cittadini e alle giovani generazioni “un’Europa in cui potranno riconoscersi con orgoglio”.
“L’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia ha rimesso in discussione la più grande conquista dell’Unione europea: la pace nel nostro continente. Una pace basata sul rispetto dei confini territoriali, dello stato di diritto, della sovranità democratica; sull’utilizzo della diplomazia come mezzo di risoluzione delle controversie tra Stati; sul rispetto dei diritti umani, oltraggiati a Mariupol, a Bucha, e in tutti i luoghi in cui si è scatenata la violenza dell’esercito russo nei confronti di civili inermi. Dobbiamo sostenere l’Ucraina, il suo governo e il suo popolo, come il presidente Zelensky ha chiesto e continua a chiedere di fare. In una guerra di aggressione – ha specificato – non può esistere alcuna equivalenza tra chi invade e chi resiste. Vogliamo che l’Ucraina resti un Paese libero, democratico, sovrano. Proteggere l’Ucraina vuol dire proteggere noi stessi e il progetto di sicurezza e democrazia che abbiamo costruito insieme negli ultimi settant’anni”.

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