Agroalimentare: Coldiretti, “per effetto della speculazione il prezzo del grano è sceso del 28%”

“Non solo carburanti, per effetto della speculazione il prezzo del grano è sceso del 28% rispetto ai massimi raggiunti all’inizio del mese di marzo con una netta inversione di tendenza a conferma delle speculazioni in atto”. È quanto emerge dall’analisi della Coldiretti alla chiusura settimanale della borsa merci di Chicago che evidenzia come in una situazione di difficoltà dei mercati la speculazione si estende dall’energia alle materie prime agricole. Le quotazioni del grano sul mercato future sono scese a 10,63 dollari per bushel (27,2 chili) mentre quelle del mais a 7,41 dollari. “Un andamento – sottolinea l’associazione – che non significa il superamento delle difficoltà, ma piuttosto l’accresciuto interesse sul mercato delle materie prime agricole della speculazione che ha approfittato degli alti valori raggiunti per realizzare profitti”. “Le speculazioni – spiega Coldiretti – si spostano dai mercati finanziari in difficoltà ai metalli preziosi come l’oro fino ai prodotti agricoli dove le quotazioni dipendono sempre meno dall’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato che trovano nei contratti derivati ‘future’ uno strumento su cui chiunque può investire acquistando e vendendo solo virtualmente il prodotto. Una speculazione sulla fame che nei Paesi più ricchi provoca inflazione e povertà ma anche gravi carestie e rivolte nei Paesi meno sviluppati come emerge dall’analisi del Center for Global Development Usa secondo il quale le quotazioni potrebbero spingere più di 40 milioni di persone in tutto il mondo in una ‘povertà estrema’”. “La situazione – evidenzia l’associazione – preoccupa anche l’Italia che è un Paese deficitario su molti fronti per quando riguarda il cibo: produce appena il 36% del grano tenero che le serve, il 53% del mais, il 51% della carne bovina, il 56% del grano duro per la pasta, il 73% dell’orzo, il 63% della carne di maiale e i salumi, il 49% della carne di capra e pecora mentre per latte e formaggi si arriva all’84% di autoapprovvigionamento”.

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