Reddito di cittadinanza: Inapp, “il 45,8% dei percettori sono ‘lavoratori poveri’. C’è una domanda potenziale di altri 3 milioni di famiglie”

Oltre 814mila cittadini, in rappresentanza di altrettante famiglie, hanno percepito il Reddito di cittadinanza già da prima dell’emergenza Covid-19, pari al 45% dei percettori. Poco più di 1 milione di famiglie (il 55%), invece, ha iniziato a percepire il RdC durante la crisi sanitaria. Complessivamente la platea di percettori di RdC è stata di circa 1,8 milioni di famiglie. A questi beneficiari si aggiungono circa 1,6 milioni di famiglie che intendono fare richiesta della misura di sostegno a breve e 1,4 milioni di nuclei la cui domanda non è stata accolta. È quanto emerge dal policy brief che l’Istituto nazionale per l’Analisi delle politiche pubbliche (Inapp) dedica al Reddito di cittadinanza attraverso l’indagine Plus, rappresentativa dell’intero territorio nazionale su un campione di oltre 45.000 individui dai 18 ai 74 anni.
“Il Reddito di cittadinanza – ha spiegato Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp – ha rappresentato un’ancora di salvezza per 1,8 milioni di famiglie, ma va notato che circa il 46% dei percettori risultano occupati (552.666 standard e 279.290 precari) con impieghi tali da non consentir loro di emergere dal disagio e da costringerli a ricorrere al RdC per la sussistenza”. “Si potrebbe dire – ha aggiunto – che basterebbe migliorare le condizioni retributive e lavorative di questi lavoratori per quasi dimezzare immediatamente l’attuale numero dei percettori del Reddito di cittadinanza. Peraltro, anche la grande domanda potenziale (rilevata sempre tramite le risposte degli intervistati) rivela un 49,8% di simili ‘working poors’ e ciò conferma la necessità di osservare il mercato del lavoro ben oltre il semplice aspetto del numero degli occupati per spingere analisi e interventi sul tema della qualità del lavoro, delle retribuzioni, della produttività, e della riduzione della precarietà”. In particolare, tra i percettori di RdC sono numerosi le persone in cerca di lavoro (25%) e gli inattivi (29%) ma anche gli occupati (45,8%).
Dall’indagine emerge che, rispetto ai motivi addotti per il rifiuto delle proposte di lavoro pervenute ai beneficiari del RdC, il 53,6% indica l’attività non in linea con le competenze possedute, il 24,5% attività non in linea con il proprio titolo di studio, l’11,9% lamenta una retribuzione troppo bassa. Solo il 7,9% indica la necessità di spostarsi come causa prevalente del rifiuto. “Al di là dell’identificazione dell’offerta congrua, quanto mai difficile da definire – scrivono i ricercatori dell’Inapp – il rifiuto per circa il 78% dei rispondenti beneficiari di RdC è attribuito alla modesta qualità delle proposte ricevute”.
Infine, solo il 39,3% degli intervistati ha dichiarato di essere stato contattato dai Centri per l’impiego e il 32,8% dai Comuni. Ma di quel 40% circa contattato dai Centri per l’impiego, a sua volta, solo il 40% ha sottoscritto il Patto per il lavoro, e solo alla metà di questi è stata avanzata una proposta di lavoro (peraltro rifiutata dal 56% degli stessi, con le motivazioni sopra illustrate).

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