Ucraina: Buonomo (Lateranense), “conflitto con tecnica di guerra che fa dei civili un obiettivo militare. Non effetti collaterali ma crimini di guerra”

(Foto: Izum)

“Di fronte all’orrore dei conflitti in corso continua a farsi strada la convinzione che i comportamenti criminali posti in essere non solo da singoli militari, ma anche da coloro che per responsabilità politica, carica o funzione, debbono essere puniti. Dobbiamo tenere conto che quando si combatte vi sono regole da rispettare. La loro violazione produce crimini di guerra o crimini contro l’umanità. Oggi il conflitto in Ucraina, partito dal crimine di aggressione, presenta una tecnica di guerra che, in modo sistematico, fa dei civili un obiettivo militare. Non si tratta di effetti collaterali dell’uso di armamenti, ma di veri e propri crimini di guerra”. Lo ha ribadito il rettore della Pontificia Università Lateranense, Vincenzo Buonomo, intervenuto ieri al corso di formazione e aggiornamento dei cappellani militari che si chiude oggi ad Assisi. Titolo della relazione “I crimini internazionali e la giustizia penale”. “Di fronte a queste ripetute e tante atrocità – ha spiegato il rettore – il diritto internazionale ha prodotto regole precise a cui si accompagnano strutture come la Corte penale internazionale, la cui presenza cancella per sempre l’equazione secondo cui l’immunità di un responsabile politico è uguale alla sua impunità”. Per Buonomo “non si tratta solo di sostituire la vendetta o di invocare la legittima difesa delle vittime, ma di percorrere con convinzione la strada che anche nelle relazioni internazionali debbono valere i medesimi principi che reggono le diverse società statali. Questo richiede gradualità e impegno, come indica san Giovanni XXIII nella Pacem in terris”: ‘Nelle istituzioni umane si riesce ad innovare verso il meglio solo agendo dal di dentro di esse gradualmente’”. “Sostenere che tutta questa maturazione è inutile per la mancata ratifica o adesione allo Statuto della Corte significa – ha aggiunto il rettore – leggere i rapporti internazionali come esclusivo effetto di volontà libere, anzi liberticide. Al di sopra o a fondamento della giustizia penale internazionale c’è quella che storicamente è chiamata la pubblica coscienza che impone ad ogni Stato di agire nei confronti di quanti si macchiano di crimini internazionali. Non c’è impunità anche per chi è titolare di cariche pubbliche attività e funzioni oppure occupa ruoli apicali e di governo”. Il lavoro da fare a tutti i livelli è tanto – ha concluso Buonomo – convincere gli indecisi e far capire che non si tratta di illusioni ma di un passaggio storico necessario che servirà a ricostruire, dopo gli orrori della guerra, un tessuto sociale, un Paese, operando per riconciliare e per realizzare quella giustizia riparativa che è l’unica strada per non riaprire i conflitti”.

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