Processo in Vaticano: chiesti 6 anni di reclusione per Martinelli e 4 per mons. Radice. Domani nuova udienza

(Foto Vatican Media/SIR)

È durata circa quattro ore l’udienza odierna per i presunti abusi nel Preseminario San Pio X. Nell’aula polifunzionale dei Musei Vaticani – ha riferito il “pool” di giornalisti ammessi in aula – erano presenti gli imputati don Gabriele Martinelli e mons. Enrico Radice. Assente la presunta vittima L.G. e don Angelo Magistrelli, attuale rettore del Preseminario. Hanno testimoniato don Andrea Stabellini, ex vicario giudiziale della diocesi di Como, e Domenico Parrella, ex studente del San Pio X. Assente un testimone citato, Ivan Gambelli. Il Promotore di Giustizia, Roberto Zannotti, ha chiesto 8 anni di reclusione, ridotti a 4 anni, per don Gabriele Martinelli per il reato di violenza carnale aggravata, secondo l’articolo 47 del Codice Penale. Richiesti altri 4 anni di reclusione, ridotti a 2, per atti di libidine aggravati, per un totale, quindi, di 6 anni di reclusione, ridotti a motivo della minore età dell’imputato. Zannotti ha delimitato il periodo punibile dal compimento dei 16 anni da parte di Martinelli il 9 agosto 2008 (quindi non dall’inizio delle violenze denunciate, 2007-2012). Secondo l’ordinamento vaticano, infatti, ha spiegato il Promotore di Giustizia, non è punibile chi non ha compiuto 16 anni quando ha commesso il reato. Per mons. Radice, imputato per favoreggiamento, sono stati richiesti 4 anni di reclusione. Tale reato è stato così configurato – ha spiegato Zannotti – dal momento che nell’ordinamento penale vaticano non è previsto il reato di concorso in violenza sessuale, per il quale indaga invece la Procura di Roma. L’avvocato Agnese Camilli Carissimi, difensore di Radice, ha chiesto l’assoluzione con formula piena del suo assistito perché il fatto non sussiste. La nuova udienza si terrà domani, alle 10, e verranno ascoltati gli altri due avvocati difensori: Baffioni (per Martinelli) e Bellardini (per Opera don Folci). Si prevede un ulteriore rinvio.

Don Andrea Stabellini, ex vicario giudiziale della diocesi di Como, è stato ascoltato come teste in quanto risulta interessato nella prima “investigatio previa” della diocesi di Como, nel 2013, autorizzata dall’allora vescovo Diego Coletti. Stabellini avrebbe inoltre parlato con altre persone estranee all’indagine sulle accuse contro Radice e Martinelli. Nella sua deposizione, Stabellini ha detto di essere venuto a conoscenza in quanto vicario giudiziale di segnalazioni circa i fatti nel Preseminario nel 2013: “Vidi il fascicolo del vescovo a inizio ottobre 2013. Dovevamo andare a Roma e ci fermammo al Preseminario, dove presi atto delle accuse rivolte a Martinelli e Radice”. Accuse diverse: ipotetici atti di abusi sessuali su altri colleghi da parte di Martinelli, e Radice che “non voleva far nulla”. Le accuse venivano espresse in lettere anonime al vescovo Coletti e ad altre istituzioni vaticane. Nel fascicolo era presente anche una lettera firmata, scritta a mano, dalla presunta vittima L.G. a mons. Coletti. “Il vescovo – ha detto Stabellini in aula – non avviò una indagine formale secondo il canone 1717 come io avevo chiesto. Mi chiese di andare a Roma con lui ed ebbe un colloquio nella zona del refettorio con Radice, il cardinale Angelo Comastri e don Angelo Magistrelli, allora responsabile dell’Opera Don Folci. Io rimasi fuori. Alla fine mi disse di redigere una memoria e che si doveva chiudere tutto”. Radice consegnò due lettere identiche a Coletti e Stabellini, in cui chiedeva di chiudere la vicenda in quanto si trattava di “fumus persecutionis”. Coletti incontrò anche L.G. e si convinse di non procedere ad un’indagine. Incontrò anche Martinelli che negò ogni accusa. Su richiesta del vescovo, Stabellini dovette redigere quindi una memoria sulla base dei pochi atti ottenuti. Lui però insisteva sulla necessità di una indagine previa, anche se, ha ammesso oggi, “può darsi che non ci fossero effettivamente reati”. Stabellini si dimise poco dopo come vicario giudiziale, “non solo per questa questione”. Pur non essendo coinvolto più nella vicenda, incontrò in seguito due ex preseminaristi interessati ai fatti del San Pio X, che hanno testimoniato in aula. Il sacerdote ha detto di aver parlato con loro perché uno dei due in particolare “ossessivamente amava ricercare questi fatti”. A conclusione della sua testimonianza, don Stabellini ha detto che il fascicolo dell’indagine – in cui rientrava anche la memoria da lui redatta – gli risultò “molto depauperato” quando ebbe modo di rivederlo anni dopo con il nuovo vescovo di Como, Oscar Cantoni: “Alcuni atti non c’erano più”. Domenico Parrella, ex studente, ha testimoniato pochissimi minuti, affermando che il clima nel Preseminario era “normale”, “si giocava, si stava tutti insieme”. Radice era “molto attento ai ragazzi, rimaneva fino a tardi in giro per i corridoi, entrava nelle stanze se sentiva rumore o vedeva le luci dei cellulari”.

Dario Imparato, avvocato della presunta vittima, L.G., in un’arringa di oltre un’ora ha parlato di “un processo difficile”, ammettendo che quasi il 99% dei testi ha detto di non aver visto né sentito violenze di Martinelli a danno di L.G. Tutto ciò, però, secondo il legale, non smentisce le denunce di L.G. che ha sempre parlato di fatti avvenuti nel “perimetro” della sua stanza, alla presenza dei compagni (3-4 persone). Proprio la personalità di L.G., secondo Imparato, è ciò che avvalora la sua “credibilità”: mai, ha detto, il ragazzo è stato esplicito nelle sue accuse, questo perché era “educato, fragile, vergognoso”. Aveva paura di essere additato dalla comunità del Preseminario come omosessuale e, soprattutto, di essere cacciato e rispedito nel suo piccolo Paese di 3mila abitanti (dove già viveva una realtà difficile per la sua famiglia) perché lì sarebbe finito in rovina. Imparato ha ricostruito l’intera vicenda di L.G., a partire dal suo ingresso nel San Pio X nel 2006 e le violenze di Martinelli iniziate l’anno successivo, ricordando anche tutte le parole dei testimoni chiamati dalla difesa. Secondo l’avvocato, l’ottica della investigatio è “sbagliata” in quanto non è l’omosessualità di Martinelli il punto della questione, bensì “l’ottica del potere”, “l’esercizio violento di un soggetto potente e prepotente, che prima di soddisfare la sua libido, voleva soddisfare la sua sete di potere”. Potere proveniente da “un rapporto malsano” col rettore: “C’è in gioco la libertà di autodeterminazione delle persone”. In particolare, Imparato ha insistito sulla mancanza di consenso da parte di L.G. e ha ricordato “il clima brutto, malsano, marcio” che – a detta di diversi testimoni – caratterizzava il Preseminario. “Questa vicenda racconta il fallimento di piccole comunità chiuse, impermeabili all’esterno”, cosa che favorisce “abusi di potere”. “È la punta di un iceberg”, ha affermato. Perciò ha chiesto la condanna di entrambi gli imputati: “Non vorrei mai pensare che Martinelli nei prossimi decenni possa fregiarsi della medaglia dell’assoluzione per fatti che questa difesa ritiene gravi”. “Spesso per processare un sistema, bisogna processare un singolo”.

Dopo una breve pausa di 20 minuti, ha preso parola Zannotti con la richiesta di condanna. Prima ha ripercorso questo “processo importante, il primo per fatti del genere nella nostra giurisdizione”. Il Pm ha spiegato che l’imputazione di Martinelli non è riferibile all’intero periodo in cui si sono consumate le violenze (2007-2012), bensì a partire dal periodo in cui questi aveva compiuto 16 anni: 9 agosto 2008 fino a luglio 2012, quando L.G. lascia il Preseminario. Anche Zannotti ha richiamato le parole dei testi sulla autorità di Martinelli nel Preseminario e sul suo rapporto con Radice e ha ricordato la vicenda personale e familiare di L.G. che, ha detto, gli ha suscitato “tenerezza”. Tutto per avvalorare l’accusa che quelli di Martinelli fossero veri “atti di violenza”, contrariamente ad una certa vulgata che iniziava a circolare secondo cui si trattasse di “cose di ragazzi”. “L.G. ha riferito di molestie di vario genere caratterizzate da un crescendo. In tutto questo contesto, Martinelli manifesta un potere che lo porta ad abusare”. Ricordando diverse sentenze della Cassazione, Zannotti ha insistito sul concetto di consenso che, ha sottolineato, non c’era assolutamente quando L.G. era minorenne, tantomeno c’è stato dopo il compimento dei 18 anni di L.G. Allo stesso modo, ha rimarcato che la credibilità di L.G. non può essere inficiata dal fatto che abbia denunciato tardivamente. “È la molla classica: ha paura, si vergogna, ci prova nel 2009 ma l’esito è controproducente”. Zanotti ha inoltre definito il comportamento dell’allora rettore Radice “ancora più grave” delle violenze sessuali, “sia per la carica, che per l’ostinazione di coprire fatti evidenti a tutti”. “L’intera attività di Radice dal 2009 in poi era finalizzata a coprire Martinelli”, come dimostra, secondo il Pm, la lettera falsa con cui Radice voleva accorciare i tempi dell’ordinazione diaconale di Martinelli.

Agnese Camilli ha esordito dicendo che: “Dai fatti copiosamente emersi, nulla si è evidenziato su Radice. Dalle testimonianze dei testimoni ci sono ben altre risultanze”. La legale ha ricordato la carriera di Radice senza macchie e sempre a contatto coi ragazzi, conclusa con una stretta collaborazione col vescovo di Como Coletti. Ha insistito sulla sua funzione di controllo durante la notte per i ragazzi del Preseminario, anche fino alle 23.30, e, ricordando la struttura del San Pio X (porte a vetri, pareti di cartongesso, bagni comuni, stanze multiple), ha affermato che: “È complesso immaginare che atti con una frequenza da guinness, con opposizioni verbali e fisiche, non siano stati mai rilevati in sei anni”. Secondo Camilli, inoltre, Martinelli non aveva ruoli di responsabilità più di altri, anche per la sua giovane età, e ha smentito alcune accuse precise mosse da certi testi. Infine l’avvocato ha sottolineato che tutte le accuse di L.G. e Kamil Jarzembowski (polacco, unico testimone oculare) siano partite dopo l’espulsione di quest’ultimo dal Preseminario. Chiedendo l’assoluzione di Radice per formula piena, ha parlato di “vendetta” e ha spiegato: “Difficile immaginare una sentenza di condanna con una tale mancanza di prove. Sarebbe oltre ogni ragionevole dubbio”.

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