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Irlanda: mons. Martin (presidente vescovi) contesta l’“amnistia” decisa a Londra sui crimini della guerra civile. “Ferite ancora aperte, tradimento della fiducia”

Sarà considerato “un tradimento della fiducia” la decisione del governo britannico di vietare che vengano perseguiti penalmente e civilmente gli autori di crimini compiuti prima del 1998. Per mons. Eamon Martin, presidente dei vescovi irlandesi, “è inquietante che vittime e sopravvissuti, che hanno pagato il prezzo più alto per la fragile pace di cui tutti oggi godiamo, si sentano ancora una volta emarginati e trascurati”. Questo sarebbe l’esito della “amnistia” voluta da Londra per i crimini legati alla guerra civile. Il vescovo si è anche detto “particolarmente deluso dai commenti ingenui” del premier britannico Boris Johnson che alla Camera dei Comuni ha affermato che questa proposta premetterebbe all’Irlanda del Nord di “tirare una riga” sotto il conflitto nord-irlandese. “Affrontare l’eredità del nostro passato condiviso non è un compito facile”, ha commentato mons. Martin. “È un’impresa complessa che appartiene a tutti noi. Non ha una soluzione rapida e nessuna riga può essere tirata per alleviare il profondo dolore ancora portato a seguito di anni di violenza, morte e ferite che cambiano la vita”. L’accordo di Stormont House del 2014 che prevedeva una serie di misure per indagare su omicidi e crimini associate al conflitto, “ha cercato di affrontare la nostra eredità in modo collaborativo e onesto”, ha spiegato mons. Martin: è perciò “profondamente sconfortante” questa “ritrattazione” dell’impegno comune. “Poiché il governo britannico sta ora affrontando critiche da ogni parte riguardo alla sua decisione unilaterale”, conclude il vescovo Martin, la notizia solleva l’antica domanda: “Cui Bono? (Chi ci guadagna?)”.

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