Ddl Zan: all’ordine del giorno dei lavori di questo pomeriggio al Senato, ma il testo potrebbe tornare in Commissione

Il disegno di legge sul contrasto della discriminazione o violenza per sesso, genere o disabilità – l’ormai noto “ddl Zan” – è all’ordine del giorno dei lavori della seduta del Senato della Repubblica convocata per il pomeriggio di oggi, alle 16.30. Il testo, approvato dalla Camera dei deputati ad inizio novembre, potrebbe però non arrivare in Aula ma ritornare in Commissione Giustizia dove alcuni gruppi parlamentari – Lega e Forza Italia in primis – sperano di poter raggiungere quella mediazione finora impossibile. Quanto accadrà nelle prossime ore sarà, comunque, il primo round di una battaglia parlamentare che potrebbe anche diventare lunga. Il destino del provvedimento, che ha suscitato un vasto e vivace dibattito dentro e fuori i palazzi della politica, resta infatti incerto: all’interno della maggioranza di governo Leu, M5s e la gran parte del Pd continuano a battersi per un’approvazione definitiva del ddl senza modifiche (così come licenziato dalla Camera), mentre la Lega prosegue la sua battaglia per bloccare o comunque correggere il testo. E anche Italia Viva ha avanzato un proposta di mediazione, anche se Matteo Renzi ha affermato di essere “contrario al ritorno in Commissione”.
Quel che succederà nelle prossime ore e nelle prossime settimane è difficile da prevedere: la maggioranza per un’approvazione definitiva in Senato del testo così com’è oggi potrebbe non esserci, soprattutto nel caso del ricorso al voto segreto. D’altra parte, più di una voce si dice possibilista su un accordo che coaguli un ampio consenso. Ma alla vigilia dell’approdo nell’Aula di Palazzo Madama nelle dichiarazioni di parlamentari e politici sono tornate parole come “Vietnam”, “blitz”, “franchi tiratori”.
Pochi giorni fa, in un’intervista rilasciata a Repubblica, il presidente della Cei, card. Gualtiero Bassetti, aveva affermato che “ci auguriamo una riformulazione del testo” ribadendo quelle che sono le perplessità della Chiesa italiana: in particolare sulla “vaghezza del dettato normativo”, sulla “pericolosità dei reati di opinione” e la necessità di “garantire in modo adeguato la libertà di espressione e, tanto più laddove s’intendono introdurre norme di natura penale, non bisogna lasciare margini interpretativi non ragionevoli”.

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