Brasile: vescovi, “no a procedura d’urgenza per nuove leggi su politiche ambientali e agrarie. Promuovere ampio dibattito nella società”

Il ritiro di progetti di legge in materia di politiche ambientali e agrarie, che rappresentano un grave passo indietro rispetto alle tutele attuali. È quanto chiede al Congresso brasiliano il Consiglio permanente della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile, che si è riunito in modalità virtuale il 16 e il 17 giugno. Il Consiglio permanente ribadisce “il grido per i diritti delle comunità e della natura”, già espresso in vari documenti, tra cui la recente lettera dei vescovi dell’Amazzonia. La preoccupazione dei vescovi brasiliani si concentra sui rischi e sull’impossibilità di “un’ampia discussione con tutti i settori della società brasiliana” in questo momento della pandemia di Covid-19. I vescovi avvertono che “si tratta, in definitiva, di patrimonio pubblico, di territori e di vita, che potrebbero essere concessi all’iniziativa privata”. Scelte rispetto alle quali è necessario un approfondito dibattito.
Viene a mancare, infatti, secondo la nota, la possibilità di discutere tali cambiamenti attraverso un ampio dialogo sociale. I vescovi denunciano il fenomeno dell’accaparramento della terra e di altre pratiche che rendono le leggi più flessibili a favore dei potenti, con conseguente aumento della deforestazione, soprattutto in Amazzonia, e conflitti per la terra, che favoriscono le persone con maggiori risorse finanziarie a scapito dei più vulnerabili. Ciò premesso, “la Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile, consapevole della propria missione di pastori impegnati per la vita di tutti gli esseri del Creato, chiede rispettosamente il ritiro della procedura d’urgenza per i progetti di legge”. Insieme a ciò, chiede che “sia favorito un ampio dibattito sulla regolarizzazione delle terre e delle licenze ambientali e sulla conservazione della vita delle popolazioni indigene nei loro territori”.

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