Colombia: vescovi regione ecclesiastica Popayán, “comunità sole e indifese di fronte alla violenza. Proteggere le giovani generazioni”

“Chiediamo allo Stato colombiano di fare passi in avanti con urgenza, prontezza ed efficienza nel compito di garantire la vita e il rispetto dei beni di tutti i cittadini in tutti i territori, soprattutto dove si trovano i più poveri e vulnerabili. Il dolore più grande che soffrono le nostre comunità in questi territori è sapere di essere sole e indifese. Il dolore dell’oblio, ai margini di ogni solidarietà, difesa e protezione, ferisce il loro senso di appartenenza al Paese che dovrebbe proteggerli e promuoverli. Conoscersi ai margini di un Paese che esclude e dimentica aggiunge tanto al dolore dei loro drammi e del loro lutto”. Lo sostengono i vescovi colombiani della regione ecclesiastica di Popayán, che raggruppa le sei giurisdizioni ecclesiastiche dei dipartimenti del Cauca e del Nariño (l’arcidiocesi di Popayán, le diocesi di Pasto, Tumaco e Ipiales, i vicariati apostolici di Tierradentro e Guapi), nel sudovest del Paese, una delle zone più colpite dall’attuale ondata di violenza, portata avanti da gruppi armati verso leader sociali, difensori dei diritti umani, ex guerriglieri smobilitati, popolazioni indigene.
“Esprimiamo, con particolare dolore, la nostra preoccupazione per il noto degrado della violenza, testimoniato dalle ultime espressioni di forza assurda che hanno causato molteplici omicidi nei nostri territori”, si legge nella nota. “Dobbiamo prendere coscienza del dramma che tutto ciò rappresenta, per rispondere, a partire dalla fede, dal senso comune che sempre ci spinge ad aspirare a una pacifica convivenza”. Di fronte a coloro che tentano, con oscuri interessi e con la forza delle armi, di imporsi con la forza, scrivono i vescovi, “tutti noi, membri della società civile, abbiamo la responsabilità di affrontare questa nostra drammatica realtà, per questo non possiamo ignorare questi fatti gravi, perché non ci sarà futuro se persiste la piaga dell’indifferenza, che alla fine diventa complicità grazie alla quale gli assassini si nutrono e avanzano. Non possiamo abituarci a contare i nostri morti, ma dobbiamo abituarci a coltivare e rispettare la vita, i diritti umani, la dignità inviolabile di tutte le persone”. Un impegno che deve avere “come priorità le giovani generazioni, che vanno particolarmente difese e protette”.

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