Economia: Istat, impatto della crisi meno acuto al Mezzogiorno

Nel 2020, il Pil in volume è diminuito del 9,2% nel Nord-est, del 9% nel Nord-ovest, dell’8,9% nel Centro e dell’8,6% nel Mezzogiorno. Lo rileva l’Istat nella nota sui conti economici territoriali relativi agli anni 2018-2020. Il Nord-ovest mantiene il primo posto nella graduatoria del Pil pro-capite, con un valore in termini nominali di circa 34mila euro, mentre nel Mezzogiorno il livello risulta appena superiore a 18mila euro annui.
Nel 2020, il reddito disponibile pro-capite delle famiglie del Mezzogiorno (14,3mila euro) si conferma il più basso del Paese, sebbene si riduca la distanza con quello del Centro-nord (21,1mila euro). In Toscana si registra la maggiore contrazione del Pil in volume (-9,8%), mentre in Friuli-Venezia Giulia quella più contenuta (-7,5%). La flessione del reddito delle famiglie al Sud, sostenuto dalle prestazioni sociali, è dell’1,5%. A livello nazionale il calo è del 2,9%, mentre la quota di valore aggiunto generato da economia sommersa e illegale nel Mezzogiorno nel 2019 è del 18,2%. A livello nazionale è del 12,6%. L’input di lavoro complessivo, misurato in termini di numero di occupati, nel 2020 è diminuito del 2,1% su scala nazionale. Il calo ha toccato in maniera piuttosto omogenea tutte le ripartizioni. Più nel dettaglio, la ripartizione che contribuisce maggiormente al calo occupazionale è il Mezzogiorno, dove il numero degli occupati è diminuito del 2,2%. Nelle rimanenti ripartizioni, il Nord-est e il Centro hanno subito cali leggermente inferiori alla media nazionale, pari rispettivamente all’1,9% e al 2%, mentre il Nord-ovest, con una contrazione degli occupati pari al 2,1%, risulta in linea col dato nazionale.

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