Santa Sede-Cina: card. Parolin, “tutte le nomine episcopali siano fatte consensualmente. Superare la diffidenza verso il cattolicesimo”

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“I trasferimenti di vescovi da una diocesi a un’altra non sono una anomalia canonica, ma provvedimenti che rientrano, per così dire, nella ‘fisiologia’ del governo della Chiesa in tutto il mondo, quando, ovviamente, lo richiedono le necessità pastorali e, in ultima analisi, il bene delle anime. Anche in Cina, qualora non si trovi nella diocesi vacante un candidato adatto, è utile cercarlo a raggio più largo. In questo senso, la Santa Sede non è contraria ai trasferimenti di vescovi in Cina”. Lo ha chiarito il cardinale segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, in un’intervista ai media vaticani, dopo la nomina, resa nota oggi, da parte del Papa, di mons. Giuseppe Shen Bin come vescovo di Shangai. “Il problema si porrebbe qualora si procedesse in modo non consensuale. Secondo me, l’applicazione corretta dell’Accordo consente di evitare tali difficoltà. È importante, perciò, direi anzi indispensabile, che tutte le nomine episcopali in Cina, compresi i trasferimenti, vengano fatte consensualmente, come pattuito, e mantenendo vivo lo spirito del dialogo tra le Parti – ha osservato il porporato -. Dobbiamo prevenire insieme le situazioni disarmoniche che creano dissapori e incomprensioni anche all’interno delle comunità cattoliche e la buona applicazione dell’Accordo è uno dei mezzi per farlo, unitamente a un dialogo sincero”.
Secondo il cardinale “sono molti i temi che hanno urgenza di essere trattati” dalle due Parti, “perché molte sono le situazioni complesse e le questioni aperte nella Chiesa in Cina. Ne accenno solo tre: la Conferenza episcopale; la comunicazione dei vescovi cinesi con il Papa; l’evangelizzazione”. Anzitutto, “la Santa Sede desidera veder crescere la responsabilità dei vescovi nella guida della Chiesa in Cina, e per questo è necessario che si possa riconoscere quanto prima una Conferenza episcopale dotata di Statuti adeguati alla sua natura ecclesiale e alla sua missione pastorale. In questo contesto, è giocoforza che si stabilisca una regolare comunicazione dei vescovi cinesi con il vescovo di Roma, indispensabile per una effettiva comunione, sapendo che tutto ciò appartiene alla struttura e alla dottrina della Chiesa cattolica, che le Autorità cinesi hanno sempre detto di non voler alterare”. Infatti, ha aggiunto, “c’è da dire che i troppi sospetti rallentano e ostacolano l’opera di evangelizzazione: i cattolici cinesi, anche quelli definiti ‘clandestini’, meritano fiducia, perché vogliono sinceramente essere leali cittadini ed essere rispettati nella loro coscienza e nella loro fede. Affinché il Vangelo possa diffondersi con la sua pienezza di grazia e di amore, recando buoni frutti in Cina e per la Cina, e affinché Gesù Cristo possa ‘farsi cinese con i cinesi’, è necessario superare la diffidenza verso il cattolicesimo, che non è una religione da considerarsi estranea – tanto meno contraria – alla cultura di quel grande popolo. Sarà una grande gioia per noi quando ciò diverrà realtà ed io confesso di pregare personalmente ogni giorno il Signore per questa intenzione”.

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