Autonomia differenziata: mons. Battaglia (Napoli), “rompe concetto di unità, lacera senso di solidarietà, divide il Paese, accresce la povertà, cancella conquiste democratiche”

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“La bellezza della nostra Costituzione è nella inscindibile unità tra autonomie e solidarietà, tra libertà individuale e azione sociale, tra ricchezza individuale e ricchezza complessiva, tra singoli territori e unità territoriale. Tra regioni e nazione. Tra comuni e Stato, tra pluralismo e compattezza”. Lo scrive l’arcivescovo di Napoli, mons. Mimmo Battaglia, in una lettera aperta sull’autonomia differenziata. Dicendosi “preoccupato seppur non rassegnato”, il presule parla da quella “terra di confine” che è la sua “Napoli” per ricordare “che al centro di ogni divenire sociale c’è la persona, non l’individuo singolo privo di tutto quel corredo umano che fa l’uomo l’essere speciale che è”. “L’autonomia differenziata, per quanto la si voglia edulcorare con nuovi innesti terminologici che la gente non comprende, rompe questo concetto di unità, lacera il senso di solidarietà che è proprio della nostra gente, divide il Paese, accresce la povertà già troppo estesa ed estrema per milioni di italiani. Infine, cancella d’un colpo quel bagaglio ricchissimo di conquiste democratiche realizzato dalle lotte popolari dal Risorgimento a oggi”, la denuncia dell’arcivescovo.
“Abbiamo di recente visto che da soli non si va da nessuna parte, che anche le zone ricche subiscono il rischio di diventare povere e di incontrare la sofferenza e il dolore. Il terribile terremoto e la devastante alluvione, che in due ravvicinate ‘sventure’ ha subito la nobile e fiera Emilia Romagna, hanno visto ancora una volta la straordinaria grandezza del popolo italiano. La solidarietà è partita subito. Specialmente dal Sud il cuore della generosità è volato su quelle terre così duramente colpite”, ricorda mons. Battaglia. “Nessuno ha fatto i conti della spesa. Qui al Sud si è pregato e tifato – ha aggiunto il presule – e si è gioito quando il Governo ha elargito somme considerevoli, che anche qui sono considerate insufficienti per far tempestivamente rinascere quella parte della nostra Italia”. L’arcivescovo avverte: “Il territorio è la prima ricchezza che hanno i poveri, indebolirglielo è colpa grave, non solo politica. Le ferite ai territori, in qualsiasi modo inferte, sono ferite sulle carni già aperte dei poveri. Sfugge ai responsabili della cosa pubblica il significato della parola gente, della parola popolo. Della parola comunità. Essa ha valore se si comprende che gente, popolo, comunità, è la ‘Persona’, con tutto il suo carico di diritti inalienabili”.

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