Denatalità: mons. Giuliodori (Università Cattolica), “oggi l’input educativo è quello di rafforzare l’io nell’esercizio di libertà, che non assume vincoli e responsabilità”

“La tv negli anni Sessanta è stato il grande educatore sociale, oggi tv e social non hanno più valenza educativa, ma rappresentativa. Gli strumenti di cui oggi disponiamo puntano ad amplificare questa concezione dell’individuo misura di tutto”. Lo ha detto, ieri sera, mons. Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica, intervenendo al seminario di studio “La denatalità in Italia: eziologia e politiche di intervento”, promosso dal Centro di ricerca e studi sulla salute procreativa (Cerissap) della Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica.
Oggi “l’input educativo è quello di rafforzare l’io nell’esercizio di libertà, che non assume vincoli e responsabilità. Il legame affettivo viene depotenziato da molti punti di vista, byapassando e cancellando la struttura biologica che dà vita a un quadro antropologico. Oggi si tende sempre più a passare dal dato biologico al proprio sentire emozionale, fino a teorizzare l’autocreazione di identità, plasmandoci uomo e donna a seconda dei nostri desiderata. È un’autocreazione, ma questa destrutturazione dell’umano non comporta automaticamente un’identità sostenibile che è capace di realizzare il desiderio di ciascuno di essere felice e di dare compiutezza alla propria esistenza”. Ma, ha avvertito mons. Giuliodori, “c’è un grande inganno. L’essere umano ha una struttura biologica che si relaziona con un altro. Quindi, in un’antropologia realistica la relazione affettiva è anche generativa. Al contrario, se la declinazione è il soggetto che si relaziona senza limiti nelle esperienze è necessario non fossilizzarsi in una relazione di coppia tradizionale. Queste relazioni di ogni tipo non includono anche la generatività”.
La denatalità è una malattia? “Sicuramente no, ma è malessere non di poco conto – ha affermato mons. Giuliodori -. Prevendendo che non potranno esserci cambiamenti radicali, con questi trend demografici, vedremo scomparire la popolazione italiana come è oggi configurata. Non costituendosi una visione antropologica di complementarità uomo-donna, le altre variabili non possono tener presente il dato generativo. Depotenziata l’identità, il fattore generativo riappare in età avanzata, soprattutto per prospettive esistenziali personali. Qui da qualche anno si è infilata la medicina, per cui c’è la procreazione medicalmente assistita, non come cura di sterilità, infertilità, qui si è sistematizzato il processo della messa in campo della generazione ma che è un business consistente”. Fino ad arrivare all’utero in affitto, ma ormai siamo fuori dalla considerazione del “bene del bambino”.

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