Pakistan: Amnesty, “porre fine a vessazioni e arresti arbitrari dei richiedenti asilo afgani”

In occasione dell’odierna Giornata mondiale dei rifugiati, Amnesty international ha urgentemente chiesto al governo del Pakistan di “porre fine alle vessazioni e agli arresti arbitrari nei confronti dei richiedenti asilo provenienti dall’Afghanistan, molti dei quali fuggono dalla persecuzione dei talebani”. Negli ultimi anni, molte persone che temevano di subire le conseguenze del ritorno al potere dei talebani in Afghanistan sono fuggite in Pakistan: qui hanno subito ondate di arresti arbitrari, detenzioni e minacce di rimpatrio. A causa dei considerevoli ritardi nelle procedure, molte di queste persone non sono in possesso degli “attestati di registrazione”, il documento d’identità che consente loro di rimanere in Pakistan in condizioni di legalità. Molte persone sono arrivate in Pakistan con un regolare visto d’ingresso, che poi è scaduto. “È estremamente preoccupante che la situazione dei rifugiati afgani non stia ricevendo la dovuta attenzione internazionale. Queste persone non hanno via d’uscita: non possono tornare a casa né rimanere in modo permanente in Pakistan. Il loro ambiguo status giuridico e le complicate procedure di ricollocamento negli Stati terzi le rende ancora più vulnerabili”, ha dichiarato Dinushika Dissanatake, vicedirettrice di Amnesty international per l’Asia meridionale. Amnesty ha condotto nove interviste da remoto con richiedenti asilo afgani, sei dei quali arrestati dalle autorità pachistane negli ultimi tre mesi. Un numero maggiore di interviste con afgani rifugiati in Pakistan è stato svolto nel 2022. In molti casi sono stati denunciati comportamenti vessatori da parte delle forze di polizia e di altri funzionari pachistani.
Gli Stati che hanno messo a disposizione procedure speciali di ricollocamento per afgane e afgani in fuga dalla persecuzione dei talebani – Stati Uniti d’America, Canada, Regno Unito e Germania – attualmente non emettono visti dall’Afghanistan, dove non hanno più una rappresentanza diplomatica. Allo stesso tempo, le procedure per emettere visti in Pakistan sono complicate e lente, con tempi d’attesa di molti mesi. Ad esempio, nell’ottobre 2022 la Germania ha avviato un programma di ammissioni umanitarie che prevede l’ingresso di 1000 afgani al mese. Secondo fonti di stampa, da allora fino a giugno 2023, nessun afgano era arrivato in territorio tedesco: gli afgani cui era stato detto di andare in Pakistan per ottenere il visto sono ancora lì. Analogamente lunga è la procedura per ottenere la “prova di registrazione” da parte dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur).
Tutti questi ritardi rendono più facili le vessazioni della polizia e le estorsioni di denaro, una pratica denunciata in molte province del Pakistan. Gli afgani intervistati da Amnesty hanno detto che non si sentono in grado di denunciare la situazione a causa del loro precario status giuridico. La situazione è particolarmente grave per le donne e le bambine, discriminate sia in Afghanistan che in Pakistan. A molti degli ultimi arrivati viene imposto di viaggiare verso il confine con l’Afghanistan e di lasciare ufficialmente il Pakistan per rinnovare il visto: un’operazione costosa e pericolosa. Le guardie di frontiera chiedono mazzette per far attraversare il confine anche a chi ha un visto valido. Inoltre, i richiedenti asilo afgani trovano enormi ostacoli nell’accesso alle cure mediche e all’istruzione per i loro figli. Alcune scuole rifiutano l’iscrizione a causa dell’ambiguità dello status giuridico. A causa della discriminazione di genere, le bambine afgane incontrano difficoltà ancora maggiori. Secondo l’Unhcr in Pakistan si trovano attualmente oltre tre milioni e 700.000 afgani, un milione e 400.000 dei quali formalmente registrati. Il 15 dicembre 2022 Amnesty aveva già presentato al governo pachistano le sue preoccupazioni per la situazione dei richiedenti asilo e dei rifugiati afgani.

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