Processo in Vaticano: tribunale ammette nuove accuse del Promotore di Giustizia a imputati

Si allarga lo spettro delle imputazioni nei confronti dei dieci imputati nel processo in corso in Vaticano per gli investimenti finanziari della Segreteria di Stato a Londra. Al termine della 56ma udienza, infatti – ha riferito il “pool” di giornalisti ammessi nell’Aula polifunzionale dei Musei vaticani – il presidente del tribunale, Giuseppe Pignatone, ha letto un’ordinanza con cui ha sostanzialmente accolto i nuovi capi di imputazione presentati dal promotore di giustizia, Alessandro Diddi, avanzate lo scorso 30 marzo scorso, nei confronti di Raffaele Mincione, Gianluigi Torzi, Enrico Crasso e Fabrizio Tirabassi, tra i dieci imputati del processo in corso. A Raffaele Mincione, Gianluigi Torzi ed Enrico Crasso veniva contestato dal promotore di giustizia, in aggiunta alle altre accuse, il reato di corruzione; a Tirabassi e Crasso invece veniva addebitato il reato di autoriciclaggio. Il tribunale vaticano “ritiene di dover procedere alle modifiche delle imputazione ed alle nuove contestazioni”, si legge nell’ordinanza, in cui si dà tempo alle difese fino al 4 maggio “per eventuali richieste di prova in ordine alle contestazioni sopravvenute”. Pignatone ha chiesto, comunque, a Diddi di “riformulare in maniera più chiara” le accuse, respingendo le eccezioni di nullità sollevate nella scorsa udienza ed anche oggi dalle difese degli imputati, che chiedevano di non procedere, definendo tali nuove accuse e “indeterminate, indiscriminate ed illegali”. Nel corso dell’udienza odierna, inoltre, il pm vaticano ha già comunicato che convocherà come testimoni due cardinali nelle prossime udienze: l’11 maggio verrà convocato il cardinale Leonardo Sandri, poi sarà la volta del cardinale Fernando Filoni. Verrà ascoltato in aula anche il consulente del promotore di giustizia, Roberto Lolato, autore di una relazione sul Palazzo di Londra. La mattinata di oggi ha fatto registrare anche un forte battibecco tra Diddi e l’avvocato di Mincione, Giandomenico Caiazza, che si lamentava del fatto che il pm facesse domande su “elementi già oggetto di prova”. Accuse, queste, respinte prontamente da Diddi, con un “si faccia i fatti suoi”, e dall’intervento indispettito di Pignatone: “Basta, che seccatura che siete tutti e due!”, unito al rimprovero rivolto ad entrambi per le loro reazioni in aula. La prima parte dell’udienza di oggi è stata dedicata alla conclusione dell’interrogatorio di Giulio Corrado, esperto di ristrutturazioni immobiliari e finanziarie e di analisi di investimenti gestiti da fondi, già collaboratore gruppo WRM di Mincione, che ha fatto presente, tra l’altro, che la Segreteria di Stato “non voleva prendersi il rischio di affrontare lo sviluppo residenziale” del Palazzo di Londra, in quanto l’immobile aveva già un reddito e la volontà era quella di “far cadere il planning permission”.

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