Brasile: Rapporto sulla violenza nei conflitti agrari, aumento dei 10% e 47 persone uccise

(Foto Vescovi Brasile)

Nel 2022 sono state 47 le persone uccise per conflitti agrari in Brasile, tra cui sei donne. Lo si legge nel “Quaderno dei conflitti nelle campagne – Brasile 2022”, elaborato dalla Commissione per la pastorale della terra (Cpt), e giunto alla sua 38ª edizione. Il report è stato presentato ieri, a Brasilia, nel giorno in cui il Brasile ricorda il massacro di El Dorado dos Carajás. Il Quaderno, che è il risultato di un lavoro congiunto, come ha ricordato Tales Pinto, del Centro di Documentazione Don Tomás Balduino, documenta un aumento del 10,39% dei conflitti nelle campagne nel 2021, che hanno superato i duemila casi, tra conflitti per la terra, per l’acqua, per il lavoro, ripetute minacce alle popolazioni rurali e indigene in varie zone de Paese. Nel presentare tabelle e grafici che mettono a confronto i conflitti e la violenza nelle campagne, Pinto ha infatti messo in luce che gli omicidi nelle campagne non avvengono in modo isolato, ma sono il risultato di un’escalation di violenza che colpisce comunità e territori. Ha inoltre sottolineato che tra il 2016 e il 2022, periodo dei Governi Temer e Bolsonaro, il 27,36% dei territori in cui si sono verificati gli omicidi ha subito anche almeno un’azione di uomini armati, il 15% ha subito almeno una minaccia di deportazione per la popolazione locale, il 9% ha subito almeno un’azione di invasione e il 13% un’azione di accaparramento di terre. Nello stesso periodo, nel 59% dei territori in cui si sono verificati omicidi, c’è stato anche almeno un tentativo di assassinio e, nel 52%, è stata registrata una minaccia di morte. “Questo dimostra che sono necessarie politiche per proteggere le persone minacciate nei territori”, ha sottolineato il coordinatore del Cedoc. La violenza, è stato sottolineato, è arrivata anche in una zona ritenuta incontaminata, la Valle del Javari, al confine tra Brasile e Perù, una regione con il più alto numero di popolazioni in isolamento volontario al mondo, secondo Beto Marubo, leader di Univaja.

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