Fafce: divario retributivo, critiche alla relazione del Parlamento Ue che chiede di sostituire “sesso” con “genere”. “Così non si tutelano le donne”

Il Parlamento europeo ha deciso ieri di bypassare un dibattito in plenaria su una relazione delicata che chiede di sostituire “sesso” con “genere” in una direttiva dell’Ue. Questo rapporto – spiega una nota della Federazione delle associazioni famigliari cattoliche (Fafce) – risponde alla proposta della Commissione europea di una direttiva necessaria per affrontare il divario retributivo di genere attraverso l’attuazione di misure di trasparenza salariale. Le commissioni parlamentari per l’occupazione e gli affari sociali (Empl) e quella per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere (Femm) hanno adottato il 17 marzo 2022 una relazione dal titolo “Rafforzare l’applicazione del principio della parità di retribuzione a parità di lavoro o lavoro di pari valore tra uomini e donne”, che modifica la proposta della Commissione. “Secondo la procedura co-legislativa, dopo il voto di commissione la relazione può essere presentata in aula, oppure il Parlamento europeo può avviare direttamente negoziati interistituzionali con gli altri organi legislativi dell’Ue, senza il voto di tutti i 705 eurodeputati. Quest’ultima opzione è stata scelta dal Parlamento europeo”.
“Il contenuto di questa relazione – sostiene Fafce – è estremamente problematico e avrebbe dovuto essere oggetto di un dibattito aperto e democratico. Infatti, sostituisce sistematicamente la menzione di ‘sesso’ con ‘genere’. La menzione di ‘donne’ o ‘uomini’ è sostituita da ‘lavoratori di genere diverso’”.
La vicepresidente della Fafce, Angelika Weichsel Mitterrutzner, ha sottolineato che, come affermato dalla Commissione, “se l’obiettivo di questa direttiva è combattere il divario retributivo di genere tra uomini e donne, che tipo di protezione attueranno queste misure se non si fa menzione delle donne?”.
Il presidente della Fafce, Vincenzo Bassi, osserva che “il testo, così come modificato dal Parlamento europeo, sposterebbe la direttiva dall’essere un atto legislativo volto a tutelare le donne sulla base della legge Ue sulla discriminazione sessuale, a una vaga condanna delle discriminazioni retributive per motivi diversi. La vera posta in gioco qui non è meramente ideologica o formale: il rischio è di diminuire la tutela delle donne sul mercato del lavoro, soprattutto se madri. Con le modifiche proposte, la discriminazione delle donne non sarà più oggetto di questa normativa”.

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