Epatiti pediatriche: Iss, “ad oggi nessuna teoria formulata ha avuto riscontro scientifico. Origine infettiva causa più probabile”

Lo scorso 5 aprile il Regno Unito ha notificato un aumento nel numero di casi di epatite di in bambini precedentemente sani sotto i 10 anni. Il 12 aprile, il Regno Unito ha riportato che, oltre ai casi riportati in Scozia, erano stati identificati circa 61 casi sotto indagine in Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord, la maggior parte di età compresa tra 2 e 5 anni. Il 14 aprile, la Scozia ha riportato 13 casi sotto indagine di cui due coppie con link epidemiologici. Ad oggi casi di epatite acute in bambini sono stati riportati in Belgio, Danimarca, Francia, Irlanda, Olanda, Romania, Spagna, potenzialmente in Svezia, in Israele (12 casi) e in Italia (4 casi). La maggior parte dei paesi riporta un numero di casi limitato. Fa eccezione il Regno Unito che, al 21 aprile, aveva identificato oltre 100 bambini di età inferiore a 10 anni con epatite acuta ndd (di natura da determinare, ndr). In totale 8 bambini hanno ricevuto un trapianto di fegato. A rilevarlo è l’Istituto superiore di sanità (Iss) nel Primo piano pubblicato sul sito. Al di fuori dell’Unione europea, al 15 aprile 9 casi di epatite acuta di ndd tra bambini di età compresa tra 1 – 6 anni con test positivo per adenovirus sono stati riportati dalle autorità sanitarie dello Stato americano dell’Alabama, alcuni di questi presentavano una infezione da adenovirus sierotipo 41.
“Al momento – riporta l’Ecdc nell’ultimo bollettino aggiornato al 23 aprile – non c’è una chiara correlazione tra i casi riportati. Nessun chiaro fattore di rischio epidemiologico è emerso tra i casi, così come nessuna associazione con i viaggi”.
Ad oggi, chiarisce l’Istituto superiore di sanità, “nessuna delle teorie formulate sull’origine delle epatiti pediatriche ha avuto un riscontro attraverso evidenze scientifiche”. Le ipotesi iniziali del team di indagine nel Regno Unito proponevano una eziologia infettiva o possibile esposizione a sostanze tossiche. “Le indagini tossicologiche sono in corso, ma una eziologia infettiva – sostiene l’Iss – sembra essere più probabile in base al quadro epidemiologico e clinico”.

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