Pompei: appello del card. You Heung-sik, “non stanchiamoci di pregare per la pace!”

Non stancarsi mai di “di pregare per la pace, come ci esorta spesso Papa Francesco, per un’economia che non uccide, per un dialogo senza riserve e perché la fraternità non abbia confini”. È l’appello lanciato ieri dal card. Lazzaro You Heung-sik, prefetto del Dicastero per il Clero, dal sagrato del Santuario di Pompei, dove ha presieduto la recita della preghiera del Beato Bartolo Longo che si eleva due volte l’anno, la prima domenica del mese di ottobre e l’8 maggio. La Supplica è stata presieduta dal cardinale e concelebrata dall’arcivescovo di Pompei, mons. Tommaso Caputo; da mons. Gennaro Pascarella, vescovo di Pozzuoli e di Ischia, da mons. Luigi Travaglino, nunzio apostolico emerito; e da tutto il clero della Città mariana. Facendo riferimento al brano biblico del Profeta Abacuc, il cardinale ha parlato dei tempi attuali: “Il giusto chiede ragione a Dio dell’iniquità e della violenza del mondo: perché tutto questo, perché il male, perché la guerra? E così noi, oggi, possiamo chiedere: perché questa guerra fratricida in Ucraina? Perché la guerra in Siria e in tanti altri posti? Perché tanta ingiustizia nel mondo, tanta povertà, tanta fame? perché il rischio di un conflitto atomico?”. Ed ha aggiunto: “Non vediamo forse oggi la stessa prepotenza, la stessa violenza, la stessa ingiustizia?”. “La pandemia, le guerre, le ricchezze nelle mani di pochi e la miseria di tanti. Sono molte, in apparenza – ha osservato il cardinale di origine sudcoreana -, le ragioni per arrendersi, ma il Signore ci dice di continuare ad avere fiducia in Lui, di continuare a pregare, di avere occhi per vedere che, malgrado tutto, Egli è presente e cammina accanto a noi rivelandosi nella Santissima Eucarestia, ma anche nella carità, nella speranza in un mondo nuovo, nell’amore familiare, nell’amicizia autentica. Egli è presente e visibile ogni qual volta le nostre ginocchia si piegano accanto ai nostri fratelli che chiedono aiuto. Nello sguardo dei poveri sono infatti gli occhi di quel Dio, che ci ama e ci dà segno della sua presenza nel mondo”.

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