Siria: Save the children, appello ai governi perché i bimbi bloccati nei campi di Al-Hol e Roj siano rimpatriati con le loro famiglie

“Molti dei paesi più ricchi al mondo non hanno ancora rimpatriato la maggior parte dei minori bloccati nei campi di Al-Hol e Roj in Siria nord-orientale, le cui vite si stanno pian piano consumando con il rischio continuo di violenze e malattie”. Questa la denuncia di Save the Children. Secondo il nuovo rapporto pubblicato oggi dall’organizzazione, sono circa 40.000 i bambini che vivono nei due campi per sfollati in Siria nord-orientale e che combattono quotidianamente per la sopravvivenza. I campi di Al Hol e Roj ospitano oltre 60.000 persone, tra cui 40.000 bambini. Il 50% delle persone che vivono a Al Hol e il 55% a Roj sono bambini al di sotto dei 12 anni. Oltre ai cittadini siriani e iracheni, molti dei quali sono fuggiti dall’Isis, ci sono donne e bambini provenienti da circa 60 paesi. Nei campi – si legge in un comunicato diffuso oggi da Save the Children – si registrano morti e malattie evitabili causate da incendi, scarsità di acqua e di servizi igienico-sanitari, malnutrizione e un sistema sanitario a malapena funzionante. Nel campo di Al Hol, dall’inizio dell’anno, 62 bambini, circa due bambini a settimana, sono morti per diversi motivi, mentre 73 persone, tra cui 2 bambini, sono state uccise. Secondo quanto emerge dal rapporto di Save the children, “gli Stati membri dell’UE, il Regno Unito, il Canada e l’Australia non hanno fatto abbastanza per rimpatriare i propri cittadini: il Regno Unito, ad esempio, ha rimpatriato solo quattro bambini mentre si stima che altri 60 siano rimasti lì; la Francia ha riportato nel Paese solo 35 degli almeno 320 bambini totali, mentre negli ultimi mesi, paesi come la Germania, la Finlandia e il Belgio hanno rimpatriato madri e bambini dai campi, dimostrando ancora una volta che è possibile salvare vite se c’è volontà politica”.  Save the Children chiede a tutti i Paesi di “riconoscere e trattare i bambini prima di tutto come vittime di guerra, anche coloro che sono stati costretti ad unirsi all’Isis, e rilasciare quelli detenuti arbitrariamente e riunirli alle loro famiglie. Chiede, inoltre, di garantire i diritti fondamentali e rispondere ai bisogni umanitari urgenti, impegnandosi per una non discriminazione e una giustizia equa e esorta i governi a rimpatriare i propri cittadini senza ulteriori ritardi e a sostenere il loro reinserimento nel paese di origine”.

 

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