Otto marzo: Sassoli (Parlamento Ue), donne pagano il prezzo più alto della pandemia. Metterle al centro della risposta alla crisi

David Sassoli (foto SIR/PE)

“Quella di oggi non può essere una celebrazione retorica. Siamo infatti nel pieno di una crisi drammatica, che si è aperta esattamente un anno fa e che ha visto le donne, le ragazze non soltanto in prima fila nella risposta sanitaria ed emergenziale, ma anche subire in pieno le conseguenze economiche, sociali, materiali della pandemia nelle loro vite”. Lo ha affermato David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, aprendo oggi la plenaria con una seduta dedicata alla Giornata internazionale della donna. Sassoli ha subito ringraziato la prima ministra neozelandese Ardern e la vicepresidente Usa Harris “per avere accolto il nostro invito a rivolgersi alla nostra Assemblea” con un videomessaggio. Quindi ha aggiunto: “La pandemia non soltanto ha consolidato le ingiustizie e le disuguaglianze, ma rischia di cancellare decenni di conquiste delle battaglie delle donne europee sul diritto al lavoro, alla condivisone del lavoro di cura, alla autonomia nelle relazioni, al rispetto e al diritto delle proprie scelte nelle relazioni affettive”.
“In tutti i nostri Paesi le donne sono state le prime a perdere il lavoro o a finire in cassa integrazione. I settori più colpiti dall’impatto economico della pandemia sono settori in cui è forte la presenza femminile: il turismo, la cultura, il tempo libero e la ristorazione. La maggior parte della forza lavoro che fornisce servizi essenziali alla cura delle persone è costituita da donne”. Inoltre, “durante il confinamento, un numero ancora più alto di donne ha subito le violenze di un partner o di un familiare tra le mura domestiche, senza possibilità di fuga, anche perché in molti Stati membri ancora incredibilmente mancano i centri di accoglienza e le linee telefoniche di pronto intervento, o non sono sufficientemente finanziati”.
Secondo Sassoli, “questa pandemia ha messo in luce un tratto perverso del nostro modello economico e sociale, e cioè la considerazione della povertà come una colpa. Ma la pandemia ha anche messo in evidenza quanto la cura degli altri sia essenziale per la società e sia un bene pubblico. E di quanto quel lavoro di cura, oggi affidato in gran parte alle donne, sia in realtà una responsabilità di tutti e debba essere considerato bene pubblico”. Dunque, “possiamo combattere contro questa pandemia e contro l’impatto sociale ed economico che ha ed avrà sulla vita delle persone soltanto se noi mettiamo le donne, le ragazze, le bambine al centro della nostra risposta. Non dobbiamo farlo come tributo a un principio generale: dobbiamo farlo imbracciando i poteri che abbiamo”, per “cambiare in meglio la condizione materiale di vita delle donne e far compiere un balzo in avanti e non indietro alle donne nella transizione che stiamo costruendo. Il continente che ha guidato la lotta per i diritti delle donne nei secoli scorsi, oggi è chiamato a promuovere l’uguaglianza reale delle donne come battaglia di tutti”.
“Innanzitutto le donne devono essere presenti in modo paritario nei luoghi dove si assumono le decisioni sulla ripresa. Ma questo non basta. Occorre partire dalla uguaglianza salariale”. Questa crisi “così drammatica ci consegna la grande opportunità di fare dell’Unione Europea un luogo differente e più eguale. Abbiamo molti strumenti e molte risorse per farlo, li abbiamo varati con grande impegno unitario e sono a disposizione anche dell’obiettivo di una economia più giusta. Le donne, le ragazze, le bambine devono essere le protagoniste, della ripresa delle nostre economie e delle nostre società e guidarla. Questo deve essere l’obiettivo di tutti e tutte noi per il 2021”.

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