Diocesi: Palermo, l’arcivescovo Lorefice tra le vie e nelle case di Brancaccio. Incontro nella parrocchia che fu di don Puglisi

(Foto: diocesi Palermo)

Ci sono i sacerdoti, quelli che vivono la dimensione dell’incontro con gli altri lungo le strade e i vicoli dei quartieri, come don Maurizio Francoforte, parroco di San Gaetano a Brancaccio (“un prete deve camminare per le strade, ecco perché il Vangelo è la strada”), come don Cristian Nuccio, parroco di Maria Ss. Delle Grazie a Conte Federico (“appena arrivato le suore che in questo territorio svolgono servizio mi hanno detto ‘forza, usciamo, andiamo a incontrare’, e così deve essere”) o don Sergio Ciresi, vicedirettore della Caritas diocesana che apprezza gli sforzi di fare rete, di condividere richieste e risposte da parte dei suoi confratelli. C’è anche una preside, Antonella Di Bartolo, dell’Istituto comprensivo “Pertini-Sperone”, che racconta gli sforzi immani per abbattere la dispersione scolastica, per riportare in classe i giovanissimi pusher (come i tre quindicenni coinvolti nella recente operazione delle forze dell’ordine) e per chiedere che venga costruito l’asilo atteso da anni; con lei c’è una mamma che dice “lo Sperone non è solo il quartiere dei blitz antidroga, dello spaccio, degli arresti, allo Sperone c’è chi vive onestamente, paga le tasse e chiede servizi e spazi per i propri figli”.
Le fa eco Valentina Casella, gruppo “I Care” della parrocchia di San Gaetano, che parla di Brancaccio, dello Sperone e di Conte Federico come luoghi in cui coltivare e costruire speranza e futuro, abbattendo i pregiudizi: “Questa periferia non è un ghetto, è Palermo, è parte integrante della città”. C’è Maurizio Artale del Centro Padre Nostro voluto dal beato Pino Puglisi e che continua ad essere un riferimento certo soprattutto per i più giovani di Brancaccio. E poi c’è l’arcivescovo Corrado Lorefice che al buio delle strette strade della zona degli “Stati Uniti” (quella parte di Brancaccio accanto al passaggio a livello chiuso da un muro da diversi anni), incontra i ragazzi ed entra nelle case per ascoltare, condividere storie, portare il Vangelo, pregare attraverso quel “ministero della prossimità” che non è codificato ma che diventa prassi quotidiana nei confronti di chi vive nelle periferie. Con l’arcivescovo c’è Federica, giovanissima e alle prese con un dramma troppo grande per la sua età: “Mi ha raccontato la sua storia – dice il presule – e dopo il giro delle case l’ho rivista in strada, mi ha abbracciato e ho sentito una energia grandissima. Quando ci lasciamo sconvolgere dai criteri del Vangelo, la strada diventa l’unico luogo in cui possiamo decidere che cosa dobbiamo fare del nostro Gesù, della nostra umanità; l’unico luogo nel quale rispondere alle domande ‘Dove sei tu’ e ‘Dove è tuo fratello’. Non c’è altra scelta rispetto alla necessità di “prendere parte visceralmente alla ‘carne’, alle vicende degli uomini e delle donne”.

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