Ecuador: strage di 118 detenuti in carcere a Guayaquil. Padre Piaum al Sir, “luoghi gestiti dai cartelli del narcotraffico, per noi impossibile entrarci”

(Foto ANSA/SIR)

“Da molto tempo noi sacerdoti non entriamo nelle carceri. Non ci è consentito e in ogni caso è troppo pericoloso, rischieremmo la vita. Sono luoghi gestiti e manovrati dai cartelli della droga, e per iniziare a cambiare le cose bisognerebbe fare ‘limpieza’ (pulizia), cambiando tutto il personale, tutti sono coinvolti”. Parole nette, quelle pronunciate attraverso il Sir da padre Bolívar Piaum, che segue la Pastorale carceraria per la Caritas dell’arcidiocesi di Guayaquil, all’indomani della vera e propria strage che, sono sempre parole del sacerdote, resterà come “una pagina nera nella storia dell’Ecuador”. Nel corso di una rivolta e scontri armati, iniziati martedì scorso nel carcere Litoral e proseguiti fino a giovedì, si sono registrati almeno 118 morti, 6 persone decapitate, numerosi feriti, alcuni dei quali gravi: uno dei più tragici bilanci nella storia delle rivolte carcerarie in America Latina, che “rischia di peggiorare ancora, viste le notizie che giungono dagli ospedali”. Un fatto che ha suscitato anche la reazione di Papa Francesco, che ieri all’Angelus ha parlato della sua tristezza di fronte a quanto accaduto e ha pregato per le vittime e i loro familiari.
Come si è arrivati a questo punto? Spiega padre Piaum: “L’Ecuador è diventato Paese di transito della droga, ancora di più in questo periodo, nel quale i cartelli hanno approfittato della pandemia. Dalla Colombia arriva la cocaina che viene smerciata negli altri Paesi. Se ne sequestrano tonnellate, la quantità che passa per l’Ecuador è impressionante”.
Da un lato, le carceri, “sono controllate dai cartelli”. Dall’altra “sono piene di povera gente, persone che vengono usate senza piena consapevolezza e per pochi soldi come corrieri della droga. La povertà è tanta, e molti accettano di fare questo lavoro. Così, gli istituti penitenziari si riempiono, ben oltre la loro capienza. Nella provincia del Guayas ci sono 10 mila posti, ma 15 mila detenuti. E nelle carceri si creano fazioni diverse, come ‘los choneros’, o ‘los lagagartos’, che si contendono il controllo delle strutture, mentre il personale, dai dirigenti alle guardie, andrebbe rinnovato completamente, c’è molta corruzione”.
Si spiega così, dunque, quanto accaduto la scorsa settimana. Dopo i gravi fatti di Guayaquil, il Governo ha deciso di concedere l’indulto a circa 2 mila detenuti, per sgravare la pressione sulle carceri. “Ma il problema – prosegue il sacerdote – è che non esiste alcuna opportunità lavorativa per chi esce dal carcere, quindi è quasi scontato che chi viene liberato corra il rischio di esser nuovamente coinvolto nella criminalità”. La Pastorale carceraria, come accennato, può fare poco: “Non possiamo entrare lì dentro, solo pregare. E prestare aiuto ai familiari, prestando loro assistenza legale”.

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