Festa nonni: mons. Savino (Cassano all’Jonio), “la solitudine è un fatto ‘cronico’ per milioni di persone”. Pensare ad “un nuovo welfare sulla non autosufficienza”

“Prendiamo a cuore quelli che la modernità sta relegando allo scarto, le pietre angolari, i dimenticati che non dimenticano e rendiamo visibili i loro bisogni, le loro fragilità; da queste poniamo le fondamenta del mondo che vogliamo davvero abitare”. È l’esortazione espressa da mons. Francesco Savino, vescovo di Cassano all’Jonio, nel messaggio diffuso in occasione della Festa dei nonni.
“Il Covid ha fatto emergere un aspetto spaventoso della ‘questione anziani’ e cioè come la solitudine sia diventata un fatto ‘cronico’ nella vita di diversi milioni di persone”, osserva il vescovo, secondo cui “la pandemia da Covid-19 ha fatto conoscere delle realtà che a molti erano estranee, quella delle Rsa (Residenza sanitaria assistenziale), che si occupano di Long terme care (Ltc) ovvero cure a lungo termine, che prestano attività per quelle persone con una significativa e, spesso irreversibile, perdita delle capacità funzionali”. “Sullo sfondo, difficoltà familiari e difficoltà legate alla impossibilità di rivolgersi a cure domiciliari perché improduttive o perché inesistenti”, denuncia mons. Savino, evidenziando che “non è un caso che proprio un evento pandemico ci abbia palesato le faglie di un sistema sanitario che ha dovuto scegliere tra la vita dei più giovani e quella dei più vecchi, spostando clamorosamente l’ago della bilancia a favore dei più giovani e quasi dimenticando l’importanza di coloro che hanno fatto e sono la nostra storia”.
Per il vescovo, “non basta solo finanziare le nuove tecnologie (per carità importanti ed essenziali) bisogna ripartire dall’umano, dalle risorse umane, soprattutto ora che, a seguito di un intenso lavoro di advocacy si son poste le basi per stuzzicare l’interesse governativo sul realizzare la riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti”. Savino prospetta “un nuovo welfare sulla non autosufficienza: un welfare che non privilegi nessuno ed abbia cura di tutti, un welfare community che non accentui la disparità territoriale ma provveda ad una dotazione omogenea di risorse (economiche ed umane)”. Secondo il vescovo, “un nuovo modo di ripensare la società sarà possibile, quando non saremo come Caino accanito contro suo fratello, ma come Gesù che per amore dell’altro è morto sulla croce”. “Servirà creare reti di giustizia e di vigilanza, accantonare l’omissione e l’omissione del silenzio, con la costruzione di reti tra associazioni religiose, laicali, famiglie e strutture socio-sanitarie”, spiega: “Servirà comprendere che la teleassistenza può essere solo un supporto, ma occorrerà riconoscere che nulla vi è di più insostituibile del calore umano, soprattutto per chi, al tramonto della sua vita, avverte sempre più il senso della dimenticanza”. E se agli anziani chiede di “perdonarci per la nostra incapacità a sorreggere la loro croce”, mons. Savino constata che “non siamo, forse, riusciti a trasmettere ai giovani il ‘fascino della anzianità’ che non è un capo canuto, un corpo assente o due occhi stanchi”, ma “è lo specchio della nostra verità, la radice della nostra esistenza, la benedizione del nostro futuro”.

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