Sant’Antonio da Padova: mons. Cipolla (vescovo), “rileggere la fragilità alla luce del Vangelo per non perdere la speranza”

“In questo tempo particolare in cui a dettare l’agenda è la pandemia anche la festa di sant’Antonio ha un sapore inedito, eppure il messaggio del patrono della città di Padova, che ha attraversato i secoli, sembra essere ancora più attuale e incisivo”. Lo sottolinea mons. Claudio Cipolla, vescovo di Padova, in un messaggio in occasione della festa di Sant’Antonio che si celebra domani. “La voce di Antonio ha annunciato la carità, spesso richiamando con forza le coscienze di coloro che governavano e avevano il potere di decidere affinché ‘vedessero’ le sofferenze e le ingiustizie dei più deboli e dei più fragili. Egli è stato per il suo tempo interprete e testimone dello Spirito che, allora come oggi, rende sempre attuale il Vangelo”, aggiunge il presule. Ed anche oggi è ” il tempo in cui lasciare spazio allo Spirito per cogliere cosa suggerisce e suscita alle nostre coscienze, personali e collettive”. La parola che più abbiamo sentito ripetere in questo tempo è stata “fragilità”, evidenzia il vescovo, domandandosi “cosa suggerisce il Vangelo per interpretare questa esperienza di fragilità”. E “il Vangelo ci ricorda che siamo creature”, “non siamo onnipotenti”. Al tempo stesso, siamo “anche figli del Creatore, figli di Dio che è Padre e che si prende cura di tutte le creature” e “non le lascia in balia della morte”.
Per mons. Cipolla, la “voce del Vangelo, risuonante nella coscienza, muta il nostro sguardo e il nostro rapporto con la fragilità. È quanto ci ha testimoniato sant’Antonio, che, seguendo i passi del poverello d’Assisi, ha saputo guardare con occhi nuovi le povertà e le fragilità di tante donne e uomini del suo tempo”. Il presule osserva: “Questa voce del Vangelo depotenzia l’angoscia disperante che la fragilità può ingenerare dentro di noi. Impedisce il tentativo vano di nasconderla, negarla, camuffarla, magari distanziando da noi chi la mostra con evidenza nella sua carne, nella sua condizione esistenziale. Non inibisce gli sforzi per lenire il dolore che essa provoca, ma li rende sforzi umani, compatibili, sostenibili, realistici. E li rende corali, comunitari, non solitari e individualistici. Non fa rassegnare l’uomo di fronte al male fisico e spirituale, ma infonde autentica forza per lottare, connettendo chi lotta alla sorgente del bene e della vita, accettando di essere forza penultima e non ultima: ciò impedisce di cadere nella disperazione o nel cinismo di fronte al possibile insuccesso. Nell’insuccesso dello sforzo, permette di non leggere la parola ‘fine’, ma la parola ‘passaggio’, il quale seppure oscuro e misterioso, porta in sé comunque un seme di luce e di vita”. E conclude: “Come cristiano e come vescovo, nel giorno della festa del suo patrono, vorrei riconsegnare alla città di Padova le parole e le ispirazioni del Vangelo, per aiutarci tutti a vivere questo tempo di fragilità, a non perdere la speranza”.

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