Coronavirus Covid-19: don Coretti (Anagni), “Pasqua non è tornare alla cosiddetta normalità. Riscoprire la chiesa domestica”

In questo tempo di pandemia “il rischio che corriamo è quello di non lasciarci scalfire più di tanto da quanto stiamo vivendo in questi giorni e di sognare semplicemente un ritorno a quella che consideriamo la normalità. Ma la Pasqua non è un tornare alla cosiddetta normalità, tutto è nuovo!”: è quanto scrive don Marcello Coretti, parroco della cattedrale Santa Maria Annunziata di Anagni, in una lettera indirizzata ai parrocchiani per la Pasqua. Partendo dall’incontro di Gesù risorto con la Maddalena il parroco rimarca che “la risurrezione non è un semplice tornare a come era prima ma è un vero salto in avanti. La novità della Pasqua – ricorda il parroco – dovrebbe portarci a chiedere che cosa dobbiamo fare, perché nulla può essere come prima, e anche per noi la risposta è un impegno di conversione”. E la conversione “è un’esigenza costante della vita cristiana. Per chi ha già ricevuto il battesimo si tratta poi di viverne le conseguenze”. “Niente dunque può essere più come prima! Quante volte viviamo il tempo che scorre e con tutto ciò che in esso accade senza coglierlo come una grande opportunità di cambiamento e così tutto rimane uguale a prima”. Anche in tempo di Covid-19. Da qui l’esortazione di don Coretti a chiedersi a “come abbiamo vissuto fino ad ora la nostra identità cristiana in questo tempo che ci ha costretti a vivere diversamente. L’impossibilità di celebrare nelle nostre chiese in questo tempo avrebbe dovuto servirci anche a riscoprire la presenza della chiesa in ogni casa”. Ne derivano una serie di domande: “Si è valorizzato questo tempo per riscoprire la famiglia come chiesa domestica? Si è praticato l’ascolto della Parola di Dio, non solo a livello personale ma anche a livello familiare? Si è valorizzata la liturgia familiare per pregare insieme? Si è vissuta la carità, intesa come attenzione alle esigenze di chi ci vive accanto, a cominciare proprio da chi vive in famiglia e con i quali ci si è trovati a vivere più ore insieme?”. “Proprio perché la conversione è una dimensione costante della vita cristiana – conclude – mi auguro che questi interrogativi possano stimolare a una revisione di vita, a proseguire il cammino per chi ha saputo valorizzare già questo tempo o a cogliere ancora l’opportunità di cominciare per chi non lo avesse fatto”.

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