Migranti al confine Grecia-Turchia: Caritas Europa, “atmosfera tossica contro Ong e volontari. No alla violenza”

Caritas Europa si unisce all’appello dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr)  per porre fine alla “violenza contro i migranti e le Ong che salvano e assistono i migranti” nelle isole greche. E condanna con forza “le restrizioni nell’accesso all’asilo” decise dal governo greco, che ha sospeso le procedure per un mese. Nelle isole di Lesbo, Samos e Chios vi sono oltre 40.000 migranti in condizioni disumane, mentre la capienza dei centri è di 6.000 persone. “Migliaia vivono in campi improvvisati senza nessun accesso ai servizi o alle cure mediche – ricorda Caritas Europa -. La frustrazione sta crescendo tra i migranti lasciati in un limbo e la popolazione dell’isola, che si sente abbandonata dalle autorità greche e dal resto d’Europa. Questo ha portato a numerose manifestazioni, all’aumento di tensioni, violenza e razzismo contro i migranti. Una crescente atmosfera tossica contro le Ong e i volontari ha portato a diversi attacchi”. Caritas Europa ricorda che la situazione attuale è collegata alla crisi umanitaria in Siria e nei Paesi limitrofi ed è “imperativo che l’Ue non chiuda gli occhi; dovrebbe invece fare sforzi diplomatici per porre fine alla guerra in Siria e portare aiuti umanitari ai nuovi sfollati nella regione di Idlib”. Caritas ricorda che 12 milioni di persone sono state costrette a fuggire dalle proprie case in Siria dal 2011 ad oggi. A distanza di 4 anni dall’accordo tra Ue e Turchia la rete cattolica che riunisce 49 organizzazioni di 46 Paesi europei sottolinea che “questo accordo non è – e non è mai stato – una misura sostenibile per rispondere al numero crescente di persone bisognose di protezione”. “L’Ue e i suoi Stati membri non possono continuare ad esternalizzare le loro politiche migratorie e sull’asilo ai Paesi vicini come Turchia e Libia  – afferma Caritas Europa -. Dovrebbero invece stabilire politiche umane fondate sui valori europei come la solidarietà e la responsabilità”. “Impariamo dai nostri errori – conclude la nota – e dal fallimento nell’ideazione di soluzioni sostenibili alla mobilità umana per riconoscere il bisogno di implementare politiche a lungo termine e globali nei confronti dei migranti forzati”.

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