Colombia: Corte costituzionale dice no a liberalizzazione aborto e si dichiara inabile a decidere. Vescovi, “la battaglia prosegue”

“Una sosta per prendere aria e continuare a camminare verso ciò che la Corte non ha ancora risolto o toccato e che il Congresso sarà chiamato ad assumere, ovvero che la vita va rispettata dal concepimento alla morte naturale”. Così la Chiesa colombiana, attraverso le parole di mons. Vicente Córdoba Villota, vescovo di Fontibón e presidente della Commissione episcopale per la promozione e la difesa della vita, ha commentato ieri, durante una conferenza stampa, la sentenza della Corte Costituzionale colombiana, che lunedì ha deciso di non cambiare l’attuale legislazione sull’aborto, ribadendo che nel Paese esso è legale solo in tre casi: malformazione del feto, rischio di vita per la madre e gravidanza causata da una violenza sessuale. A maggioranza (6 voti contro 3) la Corte si è dichiarata inabile, in quanto organo giudiziario e non legislativo, a modificare l’attuale legge e a depenalizzare l’interruzione volontaria di gravidanza a prescindere dalla causa.
Mons. Córdoba ha spiegato che “continuano a esser vigenti le sentenze precedenti, che continuano a fare danni, che consentono di sopprimere della vita di un nascituro a sette o otto mesi di gestazione; pertanto, per noi questa sentenza non significa, in alcun modo, una fine, ma uno stimolo a proseguire nella nostra lotta per la difesa e la promozione della vita”.
“La vita è sacra”, ha proseguito il vescovo, e “questo deve essere rispettato a qualsiasi latitudine. La Costituzione della Colombia, nel suo articolo 11 dice che la vita è inviolabile, che non ci dev’essere alcuna pena di morte. La vita è un diritto fondamentale, lì non si dice che ciò è valido in alcuni momenti o circostanze, ma dal concepimento alla morte naturale”.

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