Papa in Mongolia: le testimonianze di una missionaria, un sacerdote locale e una operatrice pastorale

(Foto Vatican Media/SIR)

“Come Missionaria della Carità, vorrei condividere la gioia di essere qui al servizio del Vangelo. Le nostre opere comprendono la cura dei bambini con disabilità fisiche e mentali, l’assistenza ai malati e agli anziani abbandonati dalle loro famiglie, l’accoglienza dei senzatetto, il sostentamento di chi non ha da sfamarsi e l’assistenza alle famiglie povere e agli emarginati. Attraverso queste opere di carità, cerchiamo di far capire quanto siano preziosi agli occhi di Dio, con il profondo desiderio di restituire loro dignità e valore umano”. Lo ha affermato suor Salvia Mary Vandanakara durante una testimonianza prima dell’intervento del Papa, oggi nella cattedrale di Ulaanbaatar (Mongolia). “Noi missionarie ci consideriamo molto privilegiate di essere qui insieme al nostro amato card. Giorgio Marengo. Grazie, Santità, per aver dato la Madre Celeste come dono a questo Paese, terra dal cielo blu. Poiché quest’anno è dedicato alla nostra Madre del Cielo, siamo certe che condurrà e guiderà tutti i figli della Mongolia verso suo figlio Gesù Cristo”. “Grazie, Santità, per avermi offerto la possibilità di proclamare l’amore di Dio. E grazie per averci dato il seme della speranza con la sua visita in questa terra bellissima e antica”.

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“Grazie mille per essere venuto in Mongolia e aver visitato la nostra Chiesa. La sua visita ci rende particolarmente felici. Questo incontro ci fa capire che Dio ama il suo popolo, sta accanto alle persone, accanto a noi mongoli. È meraviglioso capire che Dio è così vicino alla nostra vita quotidiana”. Con queste parole si è invece espresso padre Peter Sanjaajav, sacerdote locale. “Dio mi ha dato numerose opportunità di crescere come mongolo in terra mongola, e mi ha anche scelto per contribuire alla salvezza del mio popolo. Perché il frutto dell’amore di Dio è iniziato da tempo, sta maturando in questo momento e sono certo che la sua visita produrrà un ricco raccolto”.
“Mi chiamo Chamingerel, il mio nome di battesimo è Rufina. Non sono cresciuta in una famiglia cattolica, ma lo sono diventata quando ero studentessa. Allora, così come accadeva ad altri, mi piaceva andare in parrocchia ed ero entusiasta di condividere le parole dell’omelia e della catechesi che ascoltavo nella parrocchia”. Questa la terza testimonianza da parte di Rufina Chamingerel, operatrice pastorale. “Una volta sono andata a trovare il mio bisnonno. Per tutta la notte ho parlato della vita di Gesù, dalla sua nascita alla sua resurrezione. Immaginate, una giovane studentessa di 19 anni, che parla di Gesù con il papà di sua nonna! Il mio bisnonno aveva quasi 80 anni”. Poi “quel mio entusiasmo si trasformò in un’importante responsabilità. Cioè, andare a studiare a Roma e tornare nel mio Paese per aiutare la nostra Chiesa a crescere. Fu da questa decisione che iniziò la mia attuale vita di operatore pastorale. Imparando a conoscere il cattolicesimo mi è sembrato di imparare una nuova lingua che si chiama lingua cattolica”. “Sentiamo spesso qui dai missionari che il ruolo degli operatori pastorali e catechisti mongoli è molto importante. Secondo me siamo molto fortunati in quanto non abbiamo molti libri di catechesi nella nostra lingua, ma abbiamo molti missionari che sono libri viventi”.

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