Papa in Mongolia: a religiosi e operatori pastorali, “spendere la vita per il Vangelo”. “Radici molto antiche” della fede nel Paese asiatico. Il grazie ai missionari

(Foto Vatican Media/SIR)

“La gioia del Vangelo è il motivo che ha spinto voi, uomini e donne consacrati nella vita religiosa e nel ministero ordinato, a essere qui e a dedicarvi, insieme alle sorelle e ai fratelli laici, al Signore e agli altri. Benedico Dio per questo. Lo faccio attraverso una bella preghiera di lode, il Salmo 34, a cui mi ispiro per condividere alcuni pensieri con voi. Esso dice: ‘Gustate e vedete com’è buono il Signore’ (v. 9)”. Con queste parole il Papa ha iniziato il discorso – dopo aver ascoltato alcune testimonianze della Chiesa locale – nella cattedrale di Ulaanbaatar, nel corso del suo viaggio apostolico in Mongolia, rivolgendosi a vescovi, sacerdoti, missionari, consacrati e consacrate e operatori pastorali. “Gustare e vedere – ha proseguito Francesco – perché la gioia e la bontà del Signore non sono qualcosa di passeggero, ma rimangono dentro, danno gusto alla vita e fanno vedere le cose in modo nuovo; come ci hai detto tu, Rufina, nella tua bella testimonianza. Vorrei dunque assaporare il gusto della fede in questa terra facendo anzitutto memoria di storie e di volti, di vite spese per il Vangelo. Spendere la vita per il Vangelo: è una bella definizione della vocazione missionaria del cristiano, e in particolare di come i cristiani la vivono qui”.
“Ricordo il vescovo Wenceslao Selga Padilla, primo prefetto apostolico, pioniere della fase contemporanea della Chiesa in Mongolia e costruttore di questa cattedrale. Qui, tuttavia, la fede non risale solo agli anni Novanta del secolo scorso, ma ha radici molto antiche. Alle esperienze del primo millennio, segnate dal movimento evangelizzatore di tradizione siriaca diffusosi lungo la via della seta, è seguito un considerevole impegno missionario: come non ricordare le missioni diplomatiche del XIII secolo, ma anche la cura apostolica manifestata dalla nomina, intorno al 1310, di Giovanni da Montecorvino come primo vescovo di Khān Bālīq, e dunque responsabile di tutta quest’ampia regione del mondo sotto la dinastia mongola Yuan? Fu proprio lui a fornire la prima traduzione in lingua mongola del libro dei Salmi e del Nuovo Testamento. Ebbene, questa grande storia di passione per il Vangelo è ripresa in modo straordinario nel 1992 con l’arrivo dei primi missionari della Congregazione del Cuore Immacolato di Maria, a cui si sono aggiunti rappresentanti di altri istituti, clero diocesano e volontari laici. Tra tutti vorrei ricordare l’attivo e zelante padre Stephano Kim Seong-hyeon. E facciamo memoria di tanti fedeli servitori del Vangelo in Mongolia, che sono qui con noi ora e che, dopo aver speso la vita per Cristo, vedono e gustano le meraviglie che la sua bontà continua ad operare in voi e attraverso di voi”.

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