Lavoro domestico: le proposte Api-Colf, “rivedere il sistema di ingresso degli immigrati per la collaborazione familiare”. Card. Zuppi, “guardare al futuro”

“Quote di ingresso riservate a colf e badanti; formazione professionale conseguita già in patria, prima dell’ingresso in Italia; regolarizzazione delle persone già presenti in Italia, a seguito di una verifica delle effettive competenze conseguite ed inserimento lavorativo”. Sono queste le tre principali proposte emerse ieri a conclusione del XXII Congresso nazionale di Api-Colf, l’Associazione professionale italiani assistenti familiari, che si è svolto a Roma. Istituita nel 1971, l’Api-Colf è il movimento sociale cristiano dei collaboratori familiari che promuove la professionalizzazione e l’umanizzazione del lavoro al servizio della persona. Obiettivo dell’incontro era formulare proposte per un nuovo modello di immigrazione per il settore della collaborazione familiare, mirato all’accoglienza e all’inserimento delle collaboratrici e dei collaboratori familiari provenienti da altri Paesi, partendo da “una necessaria revisione del sistema di ingresso che superi l’inadeguatezza dell’attuale legislazione”. Oltre 100 i partecipanti al convegno, provenienti da diverse regioni italiane. Il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, ha inviato un video messaggio nel quale si sottolinea l’importanza del lavoro domestico e la necessità di figure formate e qualificate. “Guardando al futuro avremo sempre più bisogno di collaboratori familiari – ha detto il card. Zuppi – abbiamo tanti anziani che speriamo possano restare a casa, ma che hanno bisogno di qualcuno che li aiuti, quindi quello di Api-Colf non è un servizio che guarda al passato ma al futuro”.  La presidente di Api-Colf nazionale Antonia Paoluzzi ha presentato la proposta di un nuovo e specifico modello di immigrazione per la collaborazione familiare, che passi per una revisione del sistema di ingresso. “Il fine che si intende perseguire – ha detto Paoluzi – è proporre un modello di immigrazione per la collaborazione familiare che alimenti gli attraversamenti legali e marginalizzi quelli illegali, tendendo comunque a far rientrare il soggiorno nell’alveo della legalità affinché, seppure nell’ambito delle situazioni di estremo disagio, che inducono ad abbandonare la propria terra e, spesso, la propria famiglia, l’impegno nella collaborazione familiare si traduca in una scelta consapevole o, quanto meno, in una convinta adesione e non costituisca un ripiego”.
Per dare concretezza alle proposte Api-Colf suggerisce inoltre accordi bilaterali con le autorità dei Paesi di provenienza degli immigrati e permessi temporanei di soggiorno per motivi di lavoro a chi frequenta i corsi di formazione certificati. “Quello di oggi è un congresso politico – ha detto poi nella tavola rotonda Emanuele Montemarano, presidente della Fondazione Padre Erminio Crippa – perché i temi trattati sono oggetto delle agende politiche di tutti i governi, di quello presente e dei passati, i bisogni di cui parliamo sono sentiti da tutti, aspettiamo le risposte delle istituzioni con le quali siamo disponibili a confrontarci”. Antonio Ricci, vicepresidente del Centro studi e ricerche Idos, ha ricordato alcune cifre: 5 milioni di immigrati in Italia, una presenza stabile, proveniente da 198 Paesi del mondo, anche se la metà arriva da Paesi europei. Le donne sono il 51,2 % e l’età media è intorno ai 35 anni, quindi in media più giovani degli italiani. Gianni Rosas, direttore dell’Ufficio Ilo (Organizzazione internazionale del lavoro), ha restituito un’immagine positiva del nostro Paese, tra i primi a ratificare la Convenzione 189 sul lavoro dignitoso per le lavoratrici e i lavoratori domestici, entrata in vigore nel 2013. Eppure, nel settore della collaborazione domestica, l’Italia rimane indietro rispetto ad una serie di regimi speciali, come il congedo di maternità, che non può essere protratto oltre i 5 mesi e la disciplina generale sui licenziamenti. “La proposta Di Api-Colf della formazione nei Paesi di provenienza è molto interessante – ha dichiarato Rosas – ma i rappresentanti delle parti sociali dovrebbero collaborare nelle attività di collocamento. Bisogna studiare una forma di collaborazione che combini accordi bilaterali e interventi da parte dei rappresentanti delle parti sociali”. Anche il ministro per la Famiglia, Natalità e le Pari Opportunità, Eugenia Maria Roccella, ha inviato i suoi saluti, valutando la proposta emersa “estremamente interessante, non solamente perché va a contribuire all’immigrazione legale, ma perché al tempo stesso sostiene in modo robusto le famiglie, favorisce la piena integrazione degli immigrati nel tessuto della nostra società, inserendoli concretamente nella vita quotidiana di tanti di noi”.

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