Argentina: vescovi, “a 40 anni dalla ripresa della democrazia rinnoviamo la speranza. Pesano sogni infranti”

A quarant’anni della ripresa della democrazia “rinnoviamo la speranza”. È l’invito rivolto dalla Conferenza episcopale argentina (Cea), contenuto nel messaggio diffuso ieri, mentre l’episcopato sta vivendo la 122ª Assemblea plenaria. Il testo denuncia la sofferenza del popolo, affermando che “pesa il fardello del disincanto, delle promesse non mantenute, dei sogni infranti. Pesa anche la mancanza di un orizzonte chiaro per i nostri figli. È angosciante sentire che è sempre più difficile mettere il pane in tavola, curare la nostra salute, immaginare un futuro per i nostri giovani”. A questo l’episcopato argentino aggiunge “la paura di uscire per strada, la violenza e l’aggressività generalizzata. La perdita dei valori che sostenevano la vita familiare e sociale è sempre più sentita”. I vescovi si dicono addolorati per “l’abbandono della scuola da parte dei bambini, perché le aule scolastiche sostituite da un angolo di strada o da un angolo pericoloso sotto gli occhi di madri indifese”, e insistono sul fatto che “la migliore politica di sicurezza è l’istruzione”. I vescovi proseguono dicendo di avvertire “il lamento e le lacrime delle persone che incontriamo nelle nostre città e nei nostri quartieri”. Da qui l’interrogativo: “Cosa abbiamo fatto della nostra patria?”. A cui segue il dubbio di aver sprecato “le possibilità che avevamo di costruire un’Argentina prospera e felice”. Tuttavia, “la rabbia e la stanchezza non sono buone consigliere”, perciò i vescovi invitano con fervore “a continuare ad avere fiducia nel cammino democratico con la speranza di essere ancora in tempo”, poiché “è sempre possibile rinascere se lo facciamo insieme. C’è sempre una strada da percorrere se siamo capaci di parlare e di mettere il nostro Paese sulle nostre spalle. Questo è un desiderio che non conosce cricche o partiti, appartiene a un popolo”. Di fronte a questa realtà, chiedono a chi ha maggiori responsabilità di “avere la grandezza di pensare alla sofferenza di molti, piuttosto che a interessi meschini”. Si tratta di “muoversi verso un progetto strategico di sviluppo, che apra un orizzonte di speranza, dignità, pace sociale, lavoro e prosperità, dando priorità a coloro che sono lasciati ai margini”.

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