Sovvenire: mons. Baturi (Cei), “l’8xmille prima esperienza di democrazia fiscale”

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“Il sistema di finanziamento alla Chiesa è come uno specchio che permette alla Chiesa di riflettere il proprio ruolo, il rapporto con lo Stato e con i fedeli”. Lo ha detto mons. Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Conferenza episcopale italiana, intervenendo oggi pomeriggio a Roma al convegno nazionale su “Il Sovvenire nel Cammino sinodale”.
Dopo aver ripercorso le tappe del sostegno economico alla Chiesa cattolica, il presule ha indicato la stipulazione dell’accordo del 18 febbraio 1984, tra Repubblica italiana e Santa Sede, come uno spartiacque. “Si passava alla cooperazione con lo Stato, l’obiettivo dell’accordo era quello di delineare un assetto di reciproca libertà e di collaborazione – ha osservato –. Il cambiamento di sistema di finanziamento costituisce la riforma più rilevante ed emerse solo nell’ultima fase della trattativa”. L’arcivescovo ha, quindi, ricordato che fino a quel momento il sostentamento era basato su un assegno di congrua per sacerdoti e vescovi e sugli oneri che gravavano sul bilancio dello Stato per gli interventi agli edifici di culto. Un sistema che “perpetuava una disparità di condizione”. “Il cambiamento è avvenuto per il sistema democratico e per un’evoluzione di consapevolezza della Chiesa, perché ogni sistema di finanziamento è come uno specchio che ci restituisce l’immagine della comunità”.
Indicando le sfide attuali, mons. Baturi ha ribadito che “i valori dell’attuale sistema sono di solidarietà e di uguaglianza”. Un sistema di “solidarietà e perequazione”. “La Chiesa, al pari delle altre confessioni religiose, è così riconosciuta nella sua autonomia. Il sistema si presenta come un tentativo di applicare al sistema fiscale una forma di democrazia diretta. L’8xmille è stato la prima esperienza di democrazia fiscale”. Infine, dopo aver richiamato l’importanza della trasparenza, il segretario generale della Cei ha concluso dicendo che “non può esistere una comunità cristiana che non gestisce i beni per la comunione e per la carità”.

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