Sanità: Fiaso, case di comunità presenti in 6 aziende su 10. Infermiere di famiglia nel 70%, soprattutto al nord. Al sud più unità di continuità assistenziale

In sei Aziende sanitarie su dieci sono state attivate le case di comunità. È quanto emerge dall’indagine Fiaso svolta sull’applicazione dei progetti del Pnrr che ha coinvolto 74 Aziende sanitarie territoriali di tutto il territorio nazionale. Tra le attività svolte sembra ben avviata l’integrazione con l’assistenza specialistica e con i servizi sociali (svolta nel 68% delle strutture). Positiva anche l’attenzione per la prevenzione, nel 61% dei casi. C’è ancora molto da fare, invece, per lo sviluppo del monitoraggio da remoto a supporto della assistenza a domicilio: solo nel 23% dei casi indagati viene svolta assistenza domiciliare con telemonitoraggio.
Il 70% delle Aziende sanitarie monitorate dispone dell’infermiere di famiglia e di comunità, con differenze tra Nord (95%), Centro (70%) e Sud (30%). Al sud prevalgono invece le Uca (Unità di continuità assistenziale), probabilmente per i  diversi modelli organizzativi in essere. La maggior parte delle Aziende, invece, non ha ancora istituito le Centrali operative territoriali., ma più del 90% dichiara di avere esperienze con funzioni analoghe.
Si contano 90 Ospedali di comunità attivati in 38 Aziende. Nessuna esperienza a Bolzano, nel Lazio, in Calabria e Sicilia, mentre Emilia-Romagna, Lombardia e Toscana sembrano più avanti nella messa a punto di queste strutture.
Solo in dieci Aziende si registrano progetti di telemedicina a supporto della assistenza territoriale. La tecnologia sembra molto diffusa, non altrettanto le esperienze per il controllo dei pazienti da remoto a supporto della assistenza a domicilio. Tra le esperienze realizzate, nel 32% dei casi la telemedicina si è concretizzata in visite virtuali del paziente dall’ospedale mentre solo nel 16% dei casi è stato possibile realizzare il telemonitoraggio del paziente a domicilio da parte del medico di medicina generale. Risultati incoraggianti, invece, per il teleconsulto tra professionisti del territorio e fra questi e gli ospedalieri, realizzato nel 46% delle strutture, un passo in avanti nell’integrazione.

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