Ritiro spirituale a Sacrofano: “il Magnificat spinge in avanti la Chiesa e il Sinodo”

“Un canto straordinario nel suo potenziale di lettura profetica della storia. Sintesi materna che raccoglie e dà luce alla nostra sfilacciata vicenda umana. E indica la via”. Così madre Ignazia Angelini ha definito il Magnificat, durante le lodi che hanno inaugurato la terza e ultima giornata del ritiro spirituale presinodale a Sacrofano, che termina questa sera. Sulle labbra di Maria che visita Elisabetta, ha detto la religiosa, il Maginficat è ”un canto che abbraccia l’universo e le generazioni, ove la sua storia minore di ragazza di Nazareth trova il giusto orizzonte. Il canto è all’Altissimo, ma rivolto ai presenti – e ai lettori -, fino a coinvolgere tutte le generazioni, in una profonda comunicazione spirituale. Creazione stupenda, attinge all’eredità antica (1Sam 2,1-10): donne prima di lei hanno incontrato l’impossibile attraverso preghiera e lacrime, e Maria ne raccoglie l’eredità. Così dall’incontro di Maria con l’anziana cugina Elisabetta, trasuda una mirabile reciprocità per grazia”. “Il Magnificat scaturisce da un’autentica conversazione spirituale, quale preghiera concepita per guidare la chiesa e ritmare il suo viaggio nel tempo”, ha spiegato madre Ignazia: “Così Maria consegna il suo canto alla Chiesa di Dio in cammino- per raccogliere in preghiera lo scendere della sera e aprire futuro a ogni suo passo. Anche gli incontri sinodali. Sarà bene tenerlo presente. Lasciarsi ispirare dall’impossibile di Dio, visto dalla ragazzina di Nazaret, l’Annunziata. La ragazzina di Galilea – la chica, la guapa, direbbe qualcuno – come abilitata dalla benedizione della cugina, si scioglie in canto a ‘Dio mio salvatore, … che ha guardato’, un canto per ‘farlo grande’”. “Il canto vespertino della chiesa è anche il soffio che sospinge il cammino sinodale”, la tesi della religiosa, secondo la quale “il Magnificat è per la chiesa e per il suo processo sinodale, grazia quotidiana di compimento; grazia che la sospinge in avanti, al di là delle differenze e contrapposizioni. Tutta la storia del santo popolo di Dio vi è scritta. La Donna madre può cantarlo anche ad ogni passo della sua fuga in quel silenzioso deserto in cui viene nutrita per ben 1260 giorni. Qui non è più la ragazza di Nazareth, è Donna che nel travaglio grida, partorisce, per poi essere nutrita nel rifugio del deserto, sotto la potente mano di Dio. È la Chiesa santa di Dio”. “Nella chiesa il Magnificat si rinnova ogni giorno in eucaristia, intessendo la storia degli inizi, di dolore e di benedizioni e lo sfilacciato tessuto dei giorni, attraverso i secoli. Fino a oggi”, ha concluso la religiosa: “La comunione dei santi, tutte le generazioni, s’intesse nel suo grembo, di donna che intercede (Lc 1,48.50). Maria guarda alla storia dal suo compimento, secondo la logica del capovolgimento delle sorti, della realizzazione dell’impossibile promesso da Dio, e lo vede già attuato. Questo sguardo di fede ci manca per poter fare del Magnificat la corda di recitazione dei giorni comuni. Il Magnificat e la sequela: uno stesso stile, ‘senza voltarsi indietro’ – è il vangelo di oggi. Senza divagare né indugiare su obiettivi estranei. Con mitezza e umiltà. Nomi, volti, domande, confronti, scelte, sotto quello Sguardo unificante, ‘senza voltarsi indietro’. Tra il Benedictus e il Magnificat, il ritmo del cammino della Chiesa è scandito per una narrazione diversa di fatiche, dolori, conflitti, scelte e speranze: come vedendo l’invisibile (Eb 11,27). Ci sia dato, dallo Spirito Santo in cui siamo battezzati, ci sia dato di non perdere mai il ritmo che questa preghiera materna imprime agl’incerti passi della vita, e del cammino sinodale di tutto il santo popolo di Dio”.

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