Ecuador: i vescovi dopo le elezioni presidenziali, “la gente ha superato la paura”

“Non ci sono né vincitori né vinti, quando ciò che conta è la patria, espressa nel dolore e nella sofferenza dei nostri popoli nativi, dei nostri bambini e giovani, dei nostri anziani e disabili, di coloro che hanno lasciato l’Ecuador in cerca di un futuro migliore in altri Paesi e di coloro che lottano ogni giorno per mettere il pane sulla loro tavola con sforzo e sacrificio”. A scriverlo, in una nota diffusa ieri, subito dopo la vittoria di Daniel Noboa al ballottaggio delle elezioni presidenziali, è la Conferenza episcopale dell’Ecuador. “Non ci sono né vincitori né vinti quando ciò che conta è la persona e la sua dignità e l’impegno a difenderla in ogni decisione e azione al di sopra del capitale dello Stato o di qualsiasi struttura o sistema”, aggiungono i vescovi nel messaggio intitolato “Costruire insieme il bene comune”.
Non manca la consapevolezza del difficile contesto di insicurezza in cui si sono svolte le elezioni: “Con stupore abbiamo visto come la violenza omicida abbia macchiato di sangue questo processo elettorale, ma oggi l’Ecuador ha superato la paura. Le urne si sono chiuse. In ogni voto, per un candidato o per un altro, c’è un atto di responsabilità politica e soprattutto l’espressione di un sogno”. Inoltre, i vescovi chiedono a coloro che sono stati eletti di guardare “al di là dei loro interessi personali e di parte”, per affrontare con audacia i grandi problemi che gli ecuadoriani si trovano ad affrontare, come “la povertà strutturale, l’insicurezza insopportabile, la crescente disoccupazione, l’urgente mancanza di salute e di istruzione, l’azione contro i narcotrafficanti e i sicari, la diffusa corruzione pubblica, la menzogna come strategia politica”. E aggiungono: “Invitiamo anche coloro che non sono stati eletti a prendere le distanze da qualsiasi discorso che promuova la divisione e la violenza e a unire i loro migliori sforzi per ottenere una governance che trovi soluzioni adeguate, a partire dai diversi campi dell’attività nazionale. La polarizzazione non fa che esacerbare i conflitti, con l’inevitabile conseguenza di mantenere uno status quo che alimenta la disuguaglianza e dimentica i più vulnerabili”.

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