Processo in Vaticano: “da Segreteria di Stato pressioni sempre più forti per vendere Palazzo a Londra”

Tra il gennaio e il marzo 2018, la Segreteria di Stato “comincia a fare pressione per vendere il Palazzo di Londra”. Nel giugno dello stesso anno, “le pressioni si fanno sempre più forti”. Lo ha dichiarato il finanziere Raffaele Mincione, che nel processo legato agli investimenti finanziari della Segreteria di Stato a Londra, deve rispondere di peculato, truffa, abuso, appropriazione indebita e autoriclaggio. Nel corso della seconda e ultima giornata del suo interrogatorio, che ha occupato tutta la ventunesima udienza – ha riferito il “pool” di giornalisti ammessi nell’Aula polifunzionale dei Musei Vaticani – Mincione ha affermato: “Mai una volta si è detto che c’era l’intenzione di dire basta, di chiudere tutto: tutto il mercato sapeva che si voleva vendere il palazzo di Sloane Avenue a 350 milioni di euro, una volta sviluppato il progetto”. “Io facevo i passi per vendere l’immobile”, ha spiegato Mincione durante l’interrogatorio condotto dal promotore di Giustizia, Alessandro Diddi. Il finanziere ha anche riferito che, ad un certo punto, “si è fatto avanti anche uno sceicco interessato all’acquisto della proprietà al 100%, ma poi non si è definito nulla e lo sceicco è scomparso”. Nel corso dell’interrogatorio odierno si è parlato anche del ruolo rivestito da Gianluigi Torzi, il quale il 2 novembre 2018 ha inviato un whatsapp con scritto “Buon compromesso”, al quale Mincione ha riposto con un’emoticon per indicare l’auspicato successo dell’affare. “In Vaticano non ti amano”, avrebbe poi detto Torzi secondo quanto riferito da Mincione. “A me non interessano le chiacchiere, interessano i numeri e i contributi finanziari”, la replica dello stesso Mincione, che riguardo ai rapporti con la Segreteria di Stato ha puntualizzato: “Non ho mai ricevuto nessun intervento di censura, ma dopo lo scandalo apparso sui giornali siamo stati sottoposti a verifiche, dalle quali non è emersa nessuna irregolarità da parte nostra”.  Si arriva così al famoso incontro di Londra del 20 novembre 2018: in Aula oggi è stato mostrato un documento-bozza sui possibili termini dell’accordo inviato a Mincione, in cui viene fissato un compenso di 40 milioni di sterline devoluti a quest’ultimo per la compravendita del Palazzo di Sloane Avenue. “La Segreteria di Stato – ha commentato Mincione – ha preso la parte dell’immobile che guadagnava, mentre a me è toccata quella che perdeva. Poi sono intervenute la Brexit e il Covid”. Del citato incontro di Londra ha chiesto conto anche il presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, chiedendogli se tutti i presenti parlassero per conto della Segreteria di Stato: “Sì”, la risposta di Mincione. Interpellato dalle parti civili, e in particolare dall’avvocato Lipari in rappresentanza dello Ior, Mincione ha spiegato che “l’investimento di Londra era più conservativo rispetto a quello in Angola, rispetto al quale, se si fosse andati avanti, per la Santa Sede sarebbe stata la tomba finale. Avrebbe perso tutto”.

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