Parlamento Ue: Turchia sempre più lontana dall’Unione. Sanchez Amor, “spirale autoritaria nel Paese”

Nacho Sánchez Amor (Foto SIR/Parlamento europeo)

(Strasburgo) Il Parlamento non intende riprendere i negoziati di adesione con la Turchia “senza progressi chiari e significativi sulle riforme Ue”. In una risoluzione approvata oggi in plenaria a Strasburgo, i deputati riconoscono che, “nonostante le ripetute dichiarazioni della Turchia di voler diventare Stato membro Ue, il Paese si è costantemente sottratto agli impegni assunti nell’ambito del processo di adesione negli ultimi due anni”. Il testo, non legislativo, è stato approvato con 448 voti favorevoli, 67 contrari e 107 astensioni. Il Parlamento “accoglie con favore il leggero miglioramento recente delle relazioni tra Ue e Turchia nel loro complesso, in particolare nei colloqui di alto livello. Purtroppo, questa cooperazione rafforzata – si legge in una nota diffusa a Strasburgo – coesiste con conflitti regolari poiché le relazioni con i Paesi Ue limitrofi rimangono difficili”.
La risoluzione evidenzia il persistente deterioramento della situazione dei diritti umani in Turchia. I deputati deplorano “le continue pressioni legali e amministrative sulla società civile e sui difensori dei diritti umani, avvocati e giornalisti”, e chiedono alla Commissione di fornire finanziamenti sufficienti per gli sforzi a favore della democrazia in Turchia. Il relatore Nacho Sánchez Amor, eurodeputato spagnolo, ha dichiarato: “In questi momenti difficili, i valori e i principi al centro di qualsiasi processo di adesione Ue non possono passare in secondo piano rispetto a qualsiasi contingenza geopolitica. Ecco perché il Parlamento – e spero tutte le istituzioni Ue – non dovranno rimanere in silenzio di fronte all’attuale spirale autoritaria del Paese. In questo momento, invece di riconquistare la fiducia – aspetto indispensabile delle relazioni Ue-Turchia – la stiamo perdendo. Il veto irresponsabile alla Nato” in relazione alle candidature di Svezia e Finlandia “e le crescenti tensioni con gli Stati membri Ue sono segnali preoccupanti per il futuro. Se non ci saranno cambiamenti, difficilmente il processo di adesione potrà sopravvivere per altri cinque anni”.

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