Dipendenze: Squillaci (Fict), “immaginare un modello realmente innovativo in termini di servizi, con la persona al centro”

“In una società nella quale gli ‘scarti umani’ aumentano, in cui i ruoli all’interno della famiglia e i messaggi educativi sono sempre più confusi e meno incisivi, in cui il bene superiore cui tendere è la sicurezza personale e dove è in corso un processo inesorabile di ‘normalizzazione’ dei comportamenti devianti ed additivi, è l’intero sistema educativo che ha bisogno di una profonda riflessione e di una rivisitazione”. Lo ha sottolineato, stamattina, Luciano Squillaci, presidente della Fict, aprendo i lavori della sessione del convegno nazionale della pastorale della salute, in corso a Cagliari, dedicata a “Le comunità terapeutiche tra vecchie e nuove dipendenze, il profumo della relazione che cura”. “La droga e le cosiddette dipendenze comportamentali, il gioco d’azzardo, le dipendenze tecnologiche, da internet, da social sono una piaga che non si è fermata neanche con il Covid, anzi… come le droghe sono entrate nelle nostre case, nel nostro quotidiano, sono online, sono sotto gli occhi di tutti”, ha rilevato Squillaci, “ma la pandemia, togliendoci di fatto la libertà del contatto, ci ha anche insegnato l’importanza delle relazioni, il bisogno dell’altro, la necessità di condivisione. Ed è da questa nuova consapevolezza che occorre ripartire, provando a ri-costruire il capitale sociale dei nostri territori, riallacciando quei legami fiduciari senza i quali non ha senso alcun intervento educativo o terapeutico”.
Per il presidente della Fict, “il sistema”, che “si regge su una normativa che risale a 30 anni fa, la 309/90 e quasi 20 dalla L.45/99”, “va necessariamente riformato in modo da consentirne la coerenza con un fenomeno che si è profondamente evoluto negli ultimi 10 anni”. Squillaci ha evidenziato la necessità di “immaginare un modello che sia realmente innovativo in termini di servizi, senza però disperdere la necessità di ricollocare al centro la persona. L’intenzione assolutamente corretta di salvaguardare la scientificità e la qualità dell’intervento terapeutico ha purtroppo determinato l’avvento, anche nelle dipendenze, come nel resto della sanità, di una logica “prestazionale” fondata su un approccio per ‘categorie’ di utenti. Una logica che tende a non occuparsi della persona, intesa nella sua complessità, ma del problema specifico di cui è portatrice. Di conseguenza le regole di finanziamento, di budgettizzazione, tarate sui luoghi di cura, e non sui bisogni delle persone, hanno portato quale conseguenza una lenta ma inesorabile standardizzazione delle prestazioni erogate”.
Il presidente della Fict ha ammesso: “Anche il privato sociale, storicamente più pronto a cogliere attraverso le proprie antenne territoriali, i cambiamenti e le tendenze, oggi fatica dibattendosi per la sopravvivenza all’interno di budget sempre più bassi e costi sempre più alti. Non si investe più nella prevenzione se non con progetti spot dove l’elemento fondamentale la continuità della relazione e dell’intervento viene a mancare”.

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