Ucraina: Draghi, “Zelensky ci ringrazia sempre per l’accoglienza dei profughi”. “Dobbiamo cercare la pace, smettano di sparare e comincino a parlare”

“Gli italiani sono stati bravissimi. Sono arrivati quasi 120.000 profughi ucraini e le famiglie italiane hanno aperto le loro case. Le Regioni e i Comuni hanno fatto tantissimo. Mi commuove quello che accade nelle scuole. Sono arrivati circa 4.500 minori non accompagnati, che sono stati tutti inseriti. Gli insegnanti sono stati formidabili e ragazzi come voi molto ospitali. Il presidente ucraino ci ringrazia sempre”. Lo ha raccontato questa mattina il presidente del Consiglio dei ministri, Mario Draghi, incontrando gli studenti della Scuola secondaria inferiore “Dante Alighieri” di Sommacampagna.
“Di fronte a questa ondata di persone che scappano dalle bombe con le loro case distrutte, l’Italia e le famiglie italiane – ha osservato il premier – sono state straordinarie. Hanno aperto le porte delle loro case, i rifugiati sono accolti e – altra cosa straordinaria – i bambini e i ragazzi sono tutti a scuola. Le scuole italiane, questo va detto è un capolavoro di amore e di efficienza, sono state straordinarie. Sono stati incanalati nei percorsi scolastici e persino ai bambini che vanno all’asilo è stata data l’assistenza sanitaria immediatamente, assistenza finanziaria, un po’ di soldi”. “Questo Paese – ha riconosciuto Draghi – è stato straordinario per l’amore che ha mostrato. Questo è il modo in cui noi italiani partecipiamo a questa guerra: da lontano, aiutando gli amici, ma aiutando anche i piccoli amici che arrivano”. “Noi italiani – ha evidenziato il premier – viviamo questa guerra, per fortuna, di riflesso, da lontano. Ci chiediamo e mi chiedo cos’è che si può fare oltre ad aiutare quello che era un piccolino e ora è grosso. Per aiutare l’amico, l’amica. Quello che si può e si deve fare è cercare la pace, cercare di fare in modo che i due smettano di sparare e comincino a parlare. Questo è quello che noi, italiani, io, dobbiamo cercare di fare”. Draghi ha anche raccontato come ha vissuto l’escalation che ha portato al conflitto: “Non si portano 200.000 truppe in assetto di guerra sul confine di un Paese se non per attaccare. Io ero sicuro sarebbe successo perché purtroppo è successo anche in passato con l’Unione Sovietica. Allo stesso tempo non volevo crederci”. Il premier ha poi affermato che “i cittadini russi non sono colpevoli per quel che fa il loro governo. I cittadini russi quindi dobbiamo e dovremo, quando la guerra sarà finita e le condizioni, le circostanze ce lo permettano, considerarli non come nemici. Perché non sono loro i nemici: questo è importante ricordarselo. Significa cercare la pace”.

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